#Intervista: Martina Tiberti, “L’arte è la nostra spina dorsale”

Dalla musica al teatro, passando per la letteratura. Martina Tiberti è una giovane operatrice culturale che si occupa di arte a 360 gradi fin da giovanissima.
Al momento Martina si sta focalizzando sulla musica e sul suo primo disco solista di inediti, che ha intenzione di pubblicare a breve. Oltre a curare una playlist settimanale per l’etichetta discografica Beautiful Losers.
Ma in cantiere ci sono anche altri progetti letterari di grande rilevanza, di cui però l’autrice non può ancora parlare.
Intanto mi sono fatto raccontare da lei cosa rappresenta l’arte nella sua vita e la sua parabola personale e professionale, in attesa della pubblicazione delle prossime opere.
Mi racconti da dove nasce la storia artistica di Martina?
Da una mamma amante dei libri e dai dischi di mio padre.
Da quanti anni lavori nel mondo della cultura? E da allora com’è cambiato il tuo modo di intraprendere iniziative artistiche?
È stato un processo graduale. Inizialmente ha riguardato principalmente la musica.
Il teatro è arrivato in un momento successivo, spronata da un caro amico che aveva letto un mio racconto e che ha insistito perché io lo trasformassi in una drammaturgia. Era il 2015.
Così è nato il mio primo spettacolo teatrale e poi ne sono seguiti altri 5.
Con gli anni ho capito che la musica e la scrittura non sono 2 cose separate, anzi.
Quando scrivo faccio molta attenzione al suono delle parole: se una frase non suona bene vuol dire che va riscritta e allo stesso modo cerco una forma narrativa nella musica che ascolto.
Un brano deve saper raccontare perché solo seguendo il flusso di una storia si arriva da un’altra parte. A volte molto lontano.
Domanda retorica (forse): l’emergenza Covid quanto ha inciso sulle tue attività?
Sicuramente le ha cambiate. Prima della pandemia stavo lavorando a una drammaturgia che aveva a che fare con l’identità fisica.
Ho deciso di mettere tutto in pausa perché gli eventi sanitari imponevano delle riflessioni su un certo tipo di immaginario, quello legato al corpo e alla sua fragilità.
In compenso ho terminato una raccolta di racconti e sono molto felice perché hanno da poco trovato accoglienza in un’ottima casa editrice, la Giulio Perrone.
La data di uscita è ancora da definire…

Al momento di cosa ti stai occupando?
Sono molto concentrata sulla scrittura di un nuovo progetto. Naturalmente c’è altro, perché non riesco a fare una cosa sola.
Sto lavorando su un disco di inediti. Li ho tenuti nascosti per molti anni ma alla fine dello scorso anno, grazie a un amico produttore, mi sono decisa a farli ascoltare ad altri musicisti e a pensarli in una forma “pubblica”.
Per il resto ho iniziato una collaborazione molto interessante con l’etichetta discografica Beautiful Losers: curo una playlist settimanale, “Monday Dreamer”, che è un vero toccasana per chi odia il lunedì e vuole scoprire buona musica.
Parlami delle iniziative che hai in mente per i prossimi mesi
Al momento non voglio anticipare nulla ma posso assicurare che ci saranno delle sorprese.
Dimmi un progetto artistico di cui vai particolarmente fiera
Sono molti a dire la verità. E ognuno in modo diverso mi è servito a crescere come autrice.
Di solito scelgo progetti che abbiano qualcosa in comune ma mi piace anche mettermi alla prova.
Per questo quando 3 anni fa Francesco Leineri mi ha chiesto di scrivere il libretto della sua opera lirica La Bestia Dentro ho accettato con entusiasmo, nonostante non ne avessi mai scritto uno.
Sono molto affezionata a Tape #51, uno spettacolo-ricerca su Jack Kerouac che ho scritto nel 2017 per la regia di Raffaele Balzano, ma ogni lavoro ha il suo posto speciale.
Penso anche alla riscrittura teatrale dei racconti “Guardavamo gli altri ballare il tango” di Giulia Caminito.
Spesso questo lavoro ti porta a contatto con persone speciali. E questo è l’aspetto collaterale che preferisco.
C’è una cosa che un’autrice non deve mai fare e un’altra invece che va sempre fatta?
Non ho una risposta. L’arte è un processo estremamente personale.
Quello che va bene per me può essere un ostacolo per un’altra persona.
Probabilmente consiglierei di darsi tempo, tempo per sbagliare e tempo per riuscire.
E di non fare confronti col lavoro degli altri per screditare il proprio, è deleterio e ti porta fuori strada.
Teatri e cinema sono rimasti chiusi praticamente per tutta la durata dell’emergenza pandemica e sono stati gli ultimi luoghi culturali ad aver riaperto. La cultura è davvero “non necessaria”?
La cultura è sempre necessaria solo che spesso non è trattata come tale.
L’essere umano ha bisogno di molte cose per vivere e l’arte è una di queste. Anzi, direi che è la nostra spina dorsale.
Soprattutto in periodi di incertezza e spaesamento, la cultura ci aiuta ad accettare la transitorietà e a dare un ordine e un nome alle emozioni che proviamo.
Credo che ritrovare una parte del proprio vissuto in un libro, in uno spettacolo teatrale o in una canzone ci faccia sentire meno tagliati fuori e più umani.
Mi descriveresti il lavoro artistico di Martina Tiberti con un’immagine e con 3 parole?
Un filo ben teso su un mare in tempesta.
La ricerca continua.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Paolo Gresta)