#LiveReport: Giovanni Truppi in concerto all’Auditorium Parco della Musica

La musica italiana ha bisogno di Giovanni Truppi.
Chi scrive lo pensa e lo pensava anche prima di sedersi nella sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica domenica 22 maggio.
Lo pensa e lo dice, da quel palco, Niccolò Fabi, tra gli ospiti del concerto.
La musica italiana ha bisogno di Giovanni Truppi e della sua libertà, della sua geniale capacità di stare dentro e fuori la struttura, di accatastare metriche sbilenche e discorsive oppure versi di enorme poesia, di rendere così trasversale il suo immaginario.
Giovanni Truppi: il concerto all’Auditorium
Riavvolgiamo il nastro.
Truppi sale sul palco da solo, neanche a dirlo, in canottiera. Imbraccia la sua chitarra e comincia uno spettacolo quasi circolare, che parte dal generale e finirà con l’universale.
Da “Conversazione con Marco sui destini dell’umanità” a “Tutto l’universo”.
In mezzo l’uomo con tutti i suoi particolari e le sue facce, raccontate pescando in maniera equilibrata dai primi 4 dischi della sua carriera, seguendo la scia dell’antologia da poco pubblicata.
Lo spettacolo è la celebrazione della sua prima decade di musica, consumata in una totale goduria di palco e di pubblico.
Canzone dopo canzone, la band prende corpo attorno a Truppi, che si alterna tra chitarre e pianoforte. Accanto a ogni musicista c’è un casco di luce.
Il palco si accende e si spegne seguendo la portata emotiva dei brani e la loro stratificazione sonica, accesa dalle chitarre infuocate di Daniele Fiaschi, dalla batteria di Paolo Mongardi, dal basso di Nicolò Pagani, dalle tastiere di Duilio Galioto e dai synth di Nicoletta Nardi.
Gli arrangiamenti costruiti per il concerto valorizzano a livelli sopraffini la scrittura e la composizione del cantautore napoletano, inspessiscono la coerenza dei suoi messaggi, dei suoi temi e gonfiano armonie, melodie e discanto.

Il canto come sforzo poetico e creativo
La musica italiana ha bisogno di Giovanni Truppi non per quello che rappresenta, ma per quello che è. Un cantautore nel senso più largo e moderno del termine.
Le sue canzoni trasudano quell’autenticità che la musica ha gradualmente e volutamente perso, troppo invischiata nell’inseguimento dei numeri bombati, dell’estemporaneità e della grammatica appiattita e appassita.
Truppi, che pure da indipendente è passato a una major e poi ha partecipato a Sanremo, ha sviluppato un’evoluzione e una maturazione della sua poetica e l’enciclopedia così varia – nel tempo, nello spazio e nelle immagini – che regala al pubblico della Sinopoli ne è fulgida testimonianza.
Un’enciclopedia in cui 2 voci sono firmate da colleghi prestigiosi che, in modi e tempi diversi, hanno segnato i primi 10 anni di musica di Truppi: Francesco Motta e il già citato Niccolò Fabi, chiamati a duettare rispettivamente per “La domenica” e per “Conoscersi in una situazione di difficoltà”.
Come canta proprio Fabi in una delle sue canzoni, non è cosa ma è come.
Truppi parla dell’uomo all’uomo. Alternando un registro filosofico e colloquiale, disegna uno specchio in cui riflettere tutte le storture e le incertezze del genere umano, le sue tensioni e le sue bassezze, il suo rapporto con il divino e le sue spinte amorose.
Tutto in un maniacale controllo della propria voce, della propria fisicità all’interno di ogni brano.
Ogni smorfia, ogni accordo, ogni scatto ha una sua cifra all’interno dello spettacolo.
La forza espressiva di Truppi è avvolgente perché sottolinea, con la mimica facciale e con gli accordi così laterali, la sofferenza del canto intesa come sforzo poetico e creativo, come atto performativo determinante.
Il carisma che si crea con ogni smorfia, ogni accordo, ogni scatto, aumenta il suo volume nella dimensione più intima, quasi timida, introversa e riflessiva di Truppi.

Un artista pindarico e terreno
Per rendere ancor più intense le cose, poi, il cantautore decide di parlare tra un pezzo e l’altro, un po’ per costrizione un po’ perché il pubblico e lo scenario meritano l’interazione più vivida possibile.
Pochi momenti di quiete e parole posate, pesate, pensate. Quasi 2 ore di musica pressoché ininterrotta.
Truppi ringrazia in maniera sentita la città che lo ha visto nascere e crescere artisticamente.
E la città ricambia con una doppia ovazione, prima e dopo i bis.
Un momento di totale liberazione emotiva, di empatia, di sincero tributo a un artista originale e umile, pindarico eppure estremamente terreno.
Un artista di cui la musica italiana ha bisogno. Senza se e senza ma.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Daniele Sidonio)