Giusto in tempo per il Rock: 17 marzo 1973

È il 17 marzo 1973. La mezzanotte è passata da un po’.
Il fresco non sa ancora di primavera ma New York sembra magica quella notte, coperta da un’inedita atmosfera, silenziosa e poetica.
La vita della città sembra essersi spostata, non addormentata. Il piazzale di Radio Music City Hall è gremito di gente. Sono 6mila.
La folla però non sta andando via come dopo un concerto. Sembra appena arrivata, fa pressione per entrare.
È impaziente, non sa cosa aspettarsi ma sa di certo chi.
“The Dark Side of the Moon”
I Pink Floyd hanno scelto la notte più fonda per presentare al mondo il loro nuovo album “The Dark Side of The Moon“.
Un orario insolito, penserete, ma non per chi è nato con il rock.
Il rock è travolgente, mutevole, è come la primavera a New York: non sai mai quando arriva veramente.
E se poi al rock si aggiunge un’altra componente, quella del gruppo londinese, allora è tutto chiaro e gli effetti speciali sono assicurati.
La regia si dice pronta. Giù dal palco, le ole, gli inni, i cori si susseguono.
Sembrano tutti elettrizzati.
Trascorre qualcosa come mezz’ora e lo show prende vita. Un fumo colorato inizia a spargersi per tutto il palco, per lo stadio. Prima viola, poi arancio, rosa e giallo.
Sembra un arcobaleno ma di fumo lucente.
Tutto era magia
Gilmour, Waters, Mason e Richard Wright, autore di tutti i testi dell’album, escono come eroi da un elevatore. Il pubblico impazza. Ma non è tutto appena iniziato?
Un gong dietro la batteria s’incendia, poi un pallone sovrasta la scena.
È aerodinamico e vola circondato da luci. Un aereo s’innalza ed esplode e poi ancora degli orologi come in una selva.
Sono per “Time“, il primo brano suonato quella notte, fonda e non ancora di primavera, dai Pink Floyd che presentano il loro album al mondo.
Lo sappiamo, è inutile ripetere quanto è ancora venduto e amato questo lavoro dei Pink Floyd.
Ma nei live, nei concerti di quell’album, in quel tour pazzesco, tutto era magia, illusione che sembrava appartenere a un film, con effetti speciali che avrebbero accompagnato moltissime delle loro performance dal vivo.
Cose da far impazzire gli appassionati del genere che sembravano ormai rassegnati per l’imminente fine del rock.
E invece il rock, nella sua versione aggiornata e progressive, era lì, vivo e più che mai vegeto.
Aveva bisogno di qualche trucco da prestigiatore per incantare ancora e i Pink Floyd erano di certo i designati a compiere questo miracolo.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Elisa Mauro)