Serve una buona scorta di coraggio per metter mano ai testi sacri e attualizzarli. La compagnia Carichi sospesi ci prova con “Otello“, tra le tragedie shakespeariane una delle più note, al punto che il titolo è diventato comunemente sinonimo di persona che agisce in preda all’accecamento della gelosia. Insomma quel raptus, aggettivo latino che in psichiatria significa atto violento e improvviso contro qualcuno o contro sé stessi, che riempie di femminicidi le cronache.
Personalmente fatico molto ad accettare le rivisitazioni, preferisco i classici o gli inediti. Le riletture sono sempre un rischio, anche se in rarissimi casi possono avere il pregio di svelare punti di vista insondati, a teatro come in tutto il resto.

Comunque torniamo a Shakespeare: visto il 6 giugno al Teatro Argot Studio nell’ambito di Inventaria in prima romana, questa “Otello s.r.l.“, con un titolo che ironicamente già sottolinea la responsabilità limitata attribuita al Moro e alle azioni compiute sull’onda del venticello della calunnia, è la storia di un uomo molto disinvolto negli affari ed evidentemente meno nella vita privata.
La vicenda si apre sul giorno delle sue nozze: Otello (Giuseppe Savio) osserva, proprio come fosse una sua proiezione, l’immacolata Desdemona (Marta De Santis). Un solo invitato vale per tutti, è il perfido Iago (Marco Tizianel) che anela al posto di Cassio, scelto come amministratore delegato d’azienda in una provincia del profondo nord che con Venezia ha poco a che spartire.
Asciugati i dialoghi (l’adattamento è di Marco Di Costanzo), ridotte a poco e niente le scene (di Lara Lamparelli), la regia di Marco Caldiron sceglie di far procedere la trama quasi unicamente sui movimenti ripetuti del trio (studiati da Sandra Zabeo) e sulle luci (di Stefano Razzolini), conferendo a Otello un fascino da uomo di mondo, un’ostentata sicurezza che si schianta contro i brindisi di Iago; a Desdemona un’ingenuità da reclusa quasi paralizzata nel ruolo di donna angelo, aspetto che sottrae alla vicenda fascino e suspence, di fatto facendoci arrivare alla scena clou, la morte di Lady D., senza quasi accorgerci che una tragedia si è appena consumata.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Paola Polidoro)