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Si intitola “La Trasformazione” lo splendido secondo lavoro di Maria Devigili. L’intervista all’artista trentina

Giovane, brillante, intelligente e bravissima. In estrema sintesi, Maria Devigili coniuga l’eccellenza compositiva con un’altissima sapienza lessicale, dando vita a un cocktail sonoro che riconcilia con il concetto stesso di arte. Dopo l’esordio del 2011 con un Ep intitolato “La Semplicità” e il primo Lp “Motori e Introspezioni” dell’anno successivo, Maria torna nel 2015 con “La Trasformazione”, uscito il 23 marzo per Riff Records. Un disco maturo, complesso, da scoprire con pazienza, di cui però è impossibile ignorarne lo spessore e l’estremo amore infuso dall’artista a ogni singola traccia. Non è un caso se la Devigili è stata scelta per aprire i concerti di gente come Marina Rei, Paola Turci e Cristiano Godano dei Marlene Kuntz. E se recentemente ha partecipato al concerto del primo maggio in Piazza Maggiore a Bologna, voluta personalmente da Eugenio Finardi. Insomma, una carriera tutta in divenire ma già caratterizzata da grossi riconoscimenti e attestati di stima da parte di critica e pubblico, cosa difficilissima da conquistare per un artista emergente. Le abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa in più di lei e del suo modo di intendere la musica.

Maria, “La Trasformazione” sta raccogliendo pareri positivi unanimi fin dalla sua uscita. Ti aspettavi un successo del genere per un disco che comunque risulta complesso, profondo e che a nostro parere si riesce a “scardinare” solo dopo parecchi ascolti?
Molte persone mi stanno dicendo proprio questo, cioè che il disco “arriva” dopo un po’ di ascolti… Ma il fatto che arrivi, prima o dopo, mi riempie di gioia. Anche perché i dischi che più ho amato sono proprio quelli che mi sono arrivati dopo qualche ascolto in più: per rimanere in Italia, alcuni lavori di Battiato come “Gommalacca”, ad esempio. Il suo stesso modo di cantare inizialmente mi respingeva e anche i suoi pezzi più pop non sono così immediati. I testi (suoi o di Sgalambro) fanno riferimento agli insegnamenti esoterici di Gurdjieff e l’ho scoperto solo pochi anni fa.

Da “La Semplicità”, tuo primo Ep del 2011, a “La Trasformazione”. Cosa senti sia cambiato nel tuo modo di comporre?
Non è cambiato molto il modo di comporre le canzoni in sé, ma è cambiata in me la consapevolezza di alcune dinamiche nei processi di produzione artistica. Ne “La Semplicità” non ho curato io personalmente gli arrangiamenti. Essendo un disco “vinto” tramite un premio per cantautori, l’etichetta che l’ha prodotto ha affidato i miei provini a dei musicisti con cui non ho mai suonato live e ad un arrangiatore pop. Ho dovuto anche cambiare la struttura di qualche pezzo, aggiungere strofe ecc. Si voleva fare un disco pop, c’era anche entusiasmo tra i musicisti che partecipavano alle registrazioni. Io non mi sentivo proprio nel mio mondo ma non avevo ancora chiaro cosa fosse il mio mondo.

Il tuo disco ha testi estremamente curati dai quali emerge un’attenta ricerca lessicale e, sembra, la volontà di evitare immagini ridondanti e di banalizzare la realtà. Ci racconti, allora, quanto tempo passi a trovare le parole giuste e se tendi ad adattare la musica alle parole o viceversa?
Sì, limo molto i testi. Molto spesso ci sono singole parole che utilizzo momentaneamente ma che lascio in stand-by anche per diversi mesi perché non mi convincono e so che prima o poi cambierò. Ogni parola è come una parte di un puzzle, devo sentire che le singole parti s’incastrino tra di loro, con la metrica, con la musica, con il fraseggio e anche con il timbro vocale.
La mia sensazione è che le canzoni che sto componendo già ci siano nell’aria e che per arrivare alla forma giusta devo solo togliere, “scolpire”, sganciarmi dalle associazioni abitudinarie. Solitamente musica e parole nascono insieme. Molto raramente ho adattato testi pre-esistenti a delle musiche. In questo disco, “Come una Formica” è un esempio di un testo scritto in precedenza e adattato successivamente alla musica.

Una cosa che si chiede poco ai musicisti riguarda la loro strumentazione. Puoi dirci quali chitarre preferisci usare e perché? E quali sono gli effetti che ti piacciono di più?
La faccio breve. Tra Gibson e Fender, voto Fender. Tra Strato e Telecaster voto Tele. Ma solo per quanto riguarda il mio feeling personale. Il suono lo fa il musicista prima di tutto, poi c’è tutto il resto. Diciamo che Jimi Hendrix potrebbe suonare anche un manico di scopa. Come effettistica vado di pedali Boss, economici e indistruttibili. Recentemente ho ampliato la mia piccola pedaliera con un overdrive semi-artigianale che si chiama Trotsky Drive ed è tutto un programma. In genere mi piacciono i suoni con personalità, non perfettini, magari anche un po’ acidi e ferrosi. Non a caso ho una Danelectro D59 e un Vox AC 15 come amplificatore. Ho quasi sempre il riverbero attivato sull’ampli, è un effetto che adoro. Anche il tremolo non lo disdegno ma il pedale secondo me fondamentale è quello che si nota di meno: l’equalizzatore.

Abbiamo letto una tua intervista in cui dicevi che mentre la musica non ti delude mai, resti perplessa rispetto a quello che sta intorno ad essa. A cosa ti riferivi?
Molto semplicemente la musica è musica, parla senza parlare, suggerisce senza descrivere. E invece attorno alla musica ci sono molte parole, molte descrizioni, catalogazioni. Ma non è tanto questo che mi delude. Forse mi riferivo alla fatica che si fa per suonare in giro se non hai un nome e nessun booking che ti sostiene. Oppure al fatto che sembra ci sia più interesse per chi fa il personaggio più che per il musicista in sé.

Sei laureata in Filosofia, nata a Trento, residente a Bologna, appassionata di erbette di montagna, innamorata della musica fino all’osso. E poi? Cos’altro è, Maria?
Già dalla passione per le erbette di montagna puoi intuire che amo molto cucinare, mi diverto soprattutto a rivisitare in modo alternativo le ricette tradizionali. Per me è molto stimolante riuscire a elaborare ricette con pochi e inusuali ingredienti. Troppo facile altrimenti. Un po’ come con la musica: “less is more”.

Dove porterai “La Trasformazione” durante l’estate?
“La Trasformazione” la porterò senz’altro nella mia vita dato che sono in procinto di traslocare. Non da Bologna però, cambio solo appartamento. A parte questa parentesi, stiamo ultimando di organizzare un tour di una settimana che a fine giugno ci porterà fino in Sicilia, passando per Toscana, Campania e Calabria.

Ultima curiosità. Chi è il tuo filosofo preferito? E secondo te, come definirebbe il tuo album?
Credo che tutti i grandi filosofi abbiano contribuito a loro modo a dare forma al pensiero universale, quello che gli antichi chiamavano Logos. Un po’ come gli scienziati che devono le loro scoperte alle precedenti scoperte di chi è venuto prima. Quindi scegliere un filosofo piuttosto che un altro è difficile. Ma… La farò breve. Si dice che tutta la filosofia moderna altro non sia che un commento a Platone e ad Aristotele, quindi si suole far risalire tutta la filosofia occidentale a loro, un po’ come l’annosa diatriba Beatles-Rolling Stones o come quella sopra citata Gibson-Fender. Io scelgo Platone, ma ho amato molto anche Aristotele. Stranamente alle superiori questi erano i filosofi che ho odiato di più. Come la musica, la filosofia ha bisogno di diversi “ascolti”, studi e meditazioni per arrivare.
Se questo album piacesse a Platone lo potrebbe definire “omerico” o “maieutico”.

Maria Devigili – La Trasformazione

LA TRASFORMAZIONE cover copia

1. QUANDO È ORA
2. SPEGNERE-GETTARE
3. LA TRASFORMAZIONE
4. FRAMMENTO
5. COME UNA FORMICA (VOCE RECITANTE DI CLAUDIO LOLLI)
6. FIORE D‘HIROSHIMA
7. L’INVISIBILE È QUELLO CHE CI SOSTIENE
8. IL PASTO MIGLIORE
9. CELESTIAL
10. LA DISTRAZIONE
11. L’OMBRA
12. VERSO L’ALTO

Uscita: 23 marzo 2015
Genere: Rock, pop, cantautorale, indie
Etichetta: Riff Records / Goodfellas

Musicisti:
Maria Devigili: Musica, testi, arrangiamenti, voci, chitarre, sinth, elettronica, sassi, triangolo, glockenspiel
Stefano Orzes: Batteria, percussioni
Claudio Lolli: Voce recitante “Non chiederci la parola” (E. Montale) in “Come Una Formica”
Lorenzo Ori: Bass Sinth in “Celestial” e in “Frammento”
Gian Maria Fano: Pianoforte in “Fiore d’Hiroshima”
Minori Komagata: Voce parlata in “Fiore d’Hiroshima”
Giacomo Bertocchi: Sax contralto
Filippo Cassani: Sax tenore
Michele Sciolla: Trombone in “Il Pasto Migliore”
Francesca Bono (Ofeliadorme): Cori in “Il Pasto Migliore”
Lorenzo Biagini: Basso elettrico ne “La Distrazione”
Diego Cofone: Clarinetto basso ne “L’Ombra”

Produttori:
Riff Records

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