Cultura

Intervista: Tra sogni e visioni, il Burlesque di Honey Madlene

Intervista: Tra gioco, sogni e visioni, il Burlesque di Honey Madlene

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Honey Madlene

Fondatrice della Scuola di Burlesque, Grazia e Femminilità Burlesque Mon Amour, Honey Madlene riempie la vita culturale romana attraverso la sua frenetica produzione artistica.

Testi teatrali, performance, insegnamento, letteratura ma anche sport e Gyrotonic. Honey ne ha per tutti.

Le donne che racconto nei miei act, nelle mie performance” mi ha detto “sono sempre donne fatali, maliarde, con una forte aurea di potenza“.

Tutto ciò che una donna può e deve essere per sopravvivere e per proteggere il proprio sé“.

Sicuramente corroborata da pizzi, piume, trasparenze e paillettes!“.


Mi racconti da dove nasce la storia artistica di Honey Madlene?

La storia di Honey Madlene, come ogni percorso artistico degno di essere raccontato, nasce per sbaglio! 

Sai la storia di “ho accompagnato un’amica a fare un casting e alla fine hanno preso me”? Ecco, qualcosa di molto simile!

La mia formazione artistica parte dal teatro.

Gli anni di studio in Accademia, al fianco di una grande attrice e maestra: Claretta Carotenuto.

Le prime audizioni, gli ingaggi, il lavoro in Compagnia, le tournée.

Il doppiaggio, il teatro sociale nel carcere di Rebibbia e l’insegnamento.

Parallelamente inizio a studiare danza, tango argentino, pizzica.

Approdo, nel 2012, alla scrittura di una drammaturgia tutta mia. Mi misuro con il testo e la sceneggiatura e nasce “Irene, l’anima mia”.

Scopro una grande vocazione dalla quale, di fatto, non sono più tornata indietro: la scrittura, la creazione fatta di parole, prima che di movimento scenico.

Irene, l’anima mia” va in scena a Roma presso il Teatro Abarico e alla Casa Internazionale delle Donne.

Nel 2014 mi presento a un’audizione. “Un cabaret noir“, così recitava l’annuncio. Preparo un distopico monologo di Jan Fabre e vado.

Una volta lì, mi rendo conto che cercavano delle performer di Burlesque e che io e il mio monologo disturbante ce ne saremmo potuti, beatamente, tornare a casa!

Non andò così, in effetti.

Perché da quell’audizione è nato il progetto di “Silencio Cabaret”, un’ensemble artistico guidato da Walter Forte e ispirato alla poetica di David Lynch.

Di cui, a tutt’oggi, faccio parte in veste di attrice e performer.

Fu, però, quella la scintilla che accese in me la curiosità verso questa, ai tempi, semi sconosciuta forma d’arte chiamata Burlesque.

Iniziai a studiare scegliendo le migliori realtà di allora presenti su Roma: la Scuola di Formazione di Grace Hall prima e l’Accademia Micca Club poi.

Misurandomi con la scelta di una identità artistica e l’esigenza di esplorare una espressività “altra”, densa, corporea, convogliata nella bellezza, al contempo tangibile ed eterea.

Che l’arte del Burlesque è in grado di rappresentare.

Arrivarono i primi spettacoli, le esibizioni nei club, l’esperienza impagabile del Salone Margherita.

Da sempre, per natura, poco gregaria, cominciai a sentire l’esigenza di declinare tutto questo in qualcosa di fortemente mio.

Diedi vita al progetto artistico Le Petit Boudoir Burlesque, un contenitore cabarettistico che proponeva, di replica in replica, un format diverso per tematica e ambientazione.

Mi piacque realizzare la fantasia secondo cui lo spettatore, scostando i tendaggi di velluto dell’ipotetico Petit Boudoir, potesse ritrovarsi immerso, almeno per un paio d’ore, in un mondo parallelo.

Uno stordimento fatto di arte, bellezza, seduzione, magia.

Tra i palcoscenici più suggestivi calcati con l’ensemble de Le Petit Boudoir Burlesque c’è stato sicuramente quello di Cappella Orsini a Roma.

Sempre desiderosa di nutrire idee e far crescere progetti, mi lanciai nell’impresa ambiziosa di fondare una scuola.

Fu così che nacque la Scuola di Burlesque, Grazia e Femminilità Burlesque Mon Amour, attualmente sita presso il Makai Tiki Bar di Roma, sede della Scuola e dei miei spettacoli.

Un grande riconoscimento è arrivato nel 2017.

Anno in cui Burlesque Mon Amour è stata riconosciuta come una fra le 5 migliori Scuole di Burlesque d’Italia dando la possibilità alle mie allieve di esibirsi sul palco del Caput Mundi International Burlesque Award.

Da quanti anni sei una professionista del Burlesque? E da allora com’è cambiato il tuo modo di intraprendere iniziative artistiche?

Sono una Burlesque Performer professionista da 7 anni.

Questa professione ti insegna, o meglio, ti dà l’opportunità di affinare la tecnica di una dote innata: la responsabilità.

Non c’è un regista che ti imbecca e ti guida, non c’è nessuno a cui delegare.

Sei responsabile dell’idea, della creazione, del messaggio che vuoi trasmettere.

Della messa in scena, del costume, della coreografia.

Per come intendo io il lavoro, una enorme responsabilità, innanzitutto nei confronti di me stessa.

È un cammino continuo di esplorazione attraverso zone di non-comfort del corpo, della psiche, del sentire.

Per arrivare a una coerenza verso ciò che, davvero, mi rappresenta.

E che voglio rappresentare in scena.

Le donne che racconto nei miei act, nelle mie performance, sono sempre donne fatali, maliarde, con una forte aurea di potenza.

Tutto ciò che una donna può e deve essere per sopravvivere e per proteggere il proprio sé.

Sicuramente corroborata da pizzi, piume, trasparenze e paillettes!

Sono arrivata al Burlesque con un grande bagaglio di conoscenza teatrale, con un grande bagaglio di parole.

Con la dimestichezza agli affari di dentro, quelli che concernono all’emotività e alla successiva declinazione espressiva.

Questa forma d’arte mi ha insegnato a convogliare tutto questo in un corpo parlante, performativo, narrativo.

E mi ha insegnato a celebrarlo. 

Parallelamente, ho continuato a nutrire la mia esigenza di dare forma ai pensieri non smettendo mai di scrivere, prestando le mie parole alla drammaturgia dei miei spettacoli corali.

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Domanda retorica (forse): l’emergenza Covid quanto ha inciso sulla tua attività?

Tanto! Nei mesi di reclusione forzata ho sentito molta paura e molta rabbia.

Ho provato la sensazione terribile di una linfa creativa che scorreva via e questa è il ricordo più sinistro che ho di quei lunghi mesi. 

Il ritorno alla realtà, alla quotidianità, è stato, per certi versi, straniante.

Rimettere in piedi la volontà e tutta la macchina organizzativa non è stato facile in termini logistici e pratici.

Eppure, nonostante le difficoltà, ho avuto la conferma di tutto il buon lavoro condotto, con pazienza e sacrificio, in questi anni.

E questo ha giocato un ruolo fondamentale.

Al momento di cosa ti stai occupando?

Al momento curo la Direzione Artistica della mia Scuola Burlesque mon Amour con le allieve che frequentano l’Anno Accademico 2022-2023, divise in 2 differenti percorsi di studio: base e intermedio.

Il debutto c’è stato lo scorso 10 febbraio al Makai Tiki Bar con “Briciole di Stelle“.

Un sodalizio artistico con un grande, talentuosissimo cantautore come Nico Maraja e con la cantante Lavinia Desideri, voce soave e presenza scenica raffinata.

Con noi in scena anche il fotografo Claudio Donati, per l’occasione in abiti cabarettistici!

Briciole di Stelle” ha segnato anche il debutto di una parte delle allieve Burlesque Mon Amour, presenti in scena nel ruolo di aspiranti vedette!

Un cabaret delicato e ironico insomma. Al quale vogliamo già tutti un gran bene!

Parlami delle iniziative che hai in mente per i prossimi mesi

Chi sono io per non essere un po’ scaramantica?!?

Progetti meravigliosi, ambiziosi, piccoli sogni talmente veri che, quasi,  puoi toccare con mano!

Non ti dico di più!

Dimmi un progetto artistico di cui vai particolarmente fiera

Un omaggio al padre di tutti i sogni e di tutti i sognatori, Federico Fellini.

Uno spettacolo che ho scritto e diretto per il debutto delle allieve dell’Anno Accademico 2017-2018, “La città delle Donne“.

Ogni volta che mi capita di rivederne una foto, un filmato, di leggerne qualche riga, mi commuovo e mi esalto, contemporaneamente e in egual misura!

C’è una cosa che una performer di Burlesque non deve mai fare e un’altra invece che va sempre fatta?

Non deve mai smettere di imparare, di studiare, di perfezionarsi. Di essere allieva.

Deve, altresì, essere coraggiosa. Che il corpo delle donne fa, ancora, tanta paura.

Mi descriveresti il lavoro artistico di Honey Madlene con un’immagine e con 3 parole?

Visione. È questa la parola che meglio descrive il mio lavoro artistico.

Una visione continua a cui tener fede, spesso da tenere a bada, che non mi abbandona mai. 

Il mio lavoro racchiuso in 3 parole suona più o meno così: FERVIDO SOGNO DISCIPLINATO.

Perché, come diceva qualcuno che sicuramente ne sapeva più di me: “È un gioco, è vero, ma è un gioco serissimo!“.

The Parallel Vision ⚭ _ Paolo Gresta)

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