#Intervista: De Zen, “Arte strumento di narrazione, non il fine stesso”

Vicentina di nascita e romana d’adozione, Linda De Zen è una giovane artista che si muove tra fotografia analogica, mosaico, serigrafie e i particolarissimi ritratti a occhi chiusi.
Nella Capitale dal 2017, Linda prosegue con la sua ricerca sull’individuo sviluppando nuovi lavori, anche scultorei. E partecipando a tantissimi progetti artistici, sia personali che collettivi.
“Ciò che mi distingue è in fondo la scelta di poter essere libera nella rappresentazione, di non avere schemi precostituiti e di cercare un rapporto diretto con il pubblico” mi ha raccontato.
“Praticamente il percorso è stato da urlare monologhi a costruire dialoghi. È un lavoro continuo costruire un luogo di incontro“.
In attesa della sua prossima mostra collettiva di metà ottobre alla Galleria del domani, Linda mi ha raccontato un sacco di cose sul suo percorso artistico e professionale, che da alcuni anni si lega a doppio filo con quello della sua curatrice Rossana Calbi.
Mi racconti da dove nasce la storia artistica di Linda?
Tutto nasce dall’esigenza di stupire le persone.
Infatti prima della pittura c’era l’organizzazione di un evento legato all’arte circense e di strada a Malo, il paese vicentino dove ho vissuto fino a quando mi sono trasferita a Padova per gli studi universitari.
Trovo che l’essere umano rimanga all’interno di una propria fantasia e col tempo riconosca principalmente quella.
Ogni tanto è bello avere la possibilità di entrare in visioni che non ci saremmo mai aspettati.
Successivamente alla scoperta della tecnica principale che uso – non guardare il supporto ma solo il soggetto – ho cambiato vita e geografia e sono approdata a Roma.
Qui ho incontrato Adnan Salameh che mi ha dato la possibilità di avere un punto di partenza nel mondo artistico romano.
E la mia curatrice Rossana Calbi, che mi sta creando un percorso in crescita all’interno di questo meccanismo globale che è l’arte che racconta e non solo che si mette in mostra.
Altra evoluzione è data dall’artista Stefano Mendeni con cui sperimento all’interno del progetto la Galleria del domani.
Direi che Linda De Zen (parlo di me terza persona ora) nasce dall’insieme di una spinta personale e dalla voglia di farsi capire in una collettività di teste diverse.
Parlami della tua arte: cosa ti piace proporre, soprattutto?
Sono una fan delle storie.
Le storie hanno una loro esigenza di tempo-spazio con una narrazione che può essere libera ma con rigore.
Attraverso una storia puoi far capire grandi tempi storici e piccoli traguardi personali, puoi porre domande o fare analisi.
Ho avuto la fortuna di poter realizzare progetti espositivi, libri e illustrazioni che parlano di argomenti diversissimi tra loro.
L’arte nella mia prospettiva è uno strumento di narrazione, non il fine stesso.
Secondo te cosa distingue il tuo modo di esprimerti da quello di altri tuoi colleghi?
Inizialmente pensavo che senza una formazione artistica specifica non sarei mai riuscita neanche a fare un possibile confronto con altri artisti non sentendomi tale.
Con il tempo ho capito e incontrato persone straordinarie che mi hanno restituito nella misura della mia diversità la possibilità di un dialogo vero.
In questo dialogo ho imparato che dovremmo tutti essere distinguibili uno dall’altro perché l’arte esprime l’individuo che la crea e credo fortemente nella specificità del singolo, nel mia storia individuale.
Il non guardare il medium, il tratto veloce e il fatto che anch’io vedo il mio segno solo quando lo finisco mi colloca in un’espressione di traduzione automatica un po’ poco usuale.
Ciò che mi distingue è in fondo la scelta di poter essere libera nella rappresentazione, di non avere schemi precostituiti e di cercare un rapporto diretto con il pubblico.
Non spiego cosa faccio, ho una serie di difficoltà nel farlo, lo esprimo guardando negli occhi le persone.
Non guardo il medium e non ho neanche un medium tra me e gli altri.
Al momento di cosa ti stai occupando?
In questo istante sto illustrando un articolo per il magazine Mentinfuga, con cui inizio una collaborazione.
Sono appena rientrata dalla Calabria dopo aver presentato con Rossana Calbi e Gerlanda di Francia il progetto editoriale “Una stanza tutta per sé“, siamo state ospiti della libreria Cuori d’inchiostro di Francesca Griffo e Mona Lazar.
Questa estate è stata molto impegnativa.
Poco prima di scendere in Calabria ho realizzato un murale assieme a Lola Giffard-Bouvier, artista con cui ho collaborato anche per la mia ultima mostra romana ospite a luglio di Up Urban Prospective Factory di Marta di Meglio.
Io e Lola abbiamo lavorato nella zona 167 di Presicce-Acquarica, nella provincia di Lecce.
Lì abbiamo lasciato il nostro primo murale all’interno di un progetto più ampio: “INNESTI“, ideato da Rossana Calbi con la co-curatela di Viviana Cazzato.

Da quanti anni fai questo lavoro? E da allora com’è cambiato il tuo modo di intraprendere iniziative artistiche?
Dal giorno in cui ho provato a disegnare senza guardare ho capito che ora che avevo trovato il mezzo, almeno una parte della domanda “cosa vuoi fare da grande” era risolta.
Volevo comunicare usando quel mezzo e sono 7 anni che mi sono incamminata su questa scelta.
All’inizio avevo la presunzione che mi bastava se capivo io quello che facevo e il resto del mondo poteva averne l’interpretazione che voleva.
Ora trovo la chiave di tutto nel fare discorsi chiari che possano comunicare qualcosa.
Praticamente il percorso è stato da urlare monologhi a costruire dialoghi.
Ci sto provando ancora, è un lavoro continuo costruire un luogo di incontro.
Hai un pubblico-tipo?
Spero proprio di no, ho il sogno di progetti che vorrebbero emozionare o anche solo di farmi capire e penso che le emozioni non abbiano un target.
Sarebbe più interessante creare un insieme di persone diverse che riconoscendosi in una sensazione possano aprire nuovi dialoghi.
Ma partire già a monte pensando di parlare con pochi lo trovo leggermente riduttivo.
C’è una cosa che un’artista non deve mai fare e un’altra invece che va sempre fatta?
Da fare: credere alla visione estesa del proprio viaggio con compromessi di mezzi e mai di sostanza.
Da non fare: non credere nel concetto di evoluzione.
L’emergenza Covid quanto ha inciso sul tuo lavoro?
Penso che i volti della gente siano incredibili da ritrarre, come tanti universi in movimento.
E l’impossibilità di veder le stelle ha reso difficile tutto quello che comprende l’interazione reale.
Per un po’ di mesi ho fatto il pane (anche se non cucino minimamente) perché non riuscivo a capire e finché non ho nulla da dire meglio star zitta.
Poi ho dato spazio alla creazione di libri e al mondo dell’illustrazione.
Infine ho ringraziato molto quando ho potuto tornare a esporre al pubblico anche perché periodi prolungati in cui tutto è monotematico tolgono colore a questi universi.
Parlami delle iniziative che hai in mente per i prossimi mesi
Sono felice perché inizia un periodo di fermento.
A Roma il 15 e 16 ottobre ci sarà una collettiva a cura della Galleria del domani in cui esporrò assieme a Stefano Mendeni, Dorothy Bhawl, Jordy Bello Tabbi, Buka, Tommaso Vescia, Valerio Serra, Lola Giffard-Bouvie, Alexandros Mars e Joli in un’estemporanea di 2 giorni in Via Casilina 175.
Ci saranno nuovi appuntamenti artistici con lo chef Massimo Viglietti.
Salirò in Veneto per partecipare al progetto Concerto per alberi a Sarmede (TV) dove illustrerò i suoni del musicista Alessandro Cocchetto.
Sto curando un progetto grafico per l’azienda Station Deus di Marco Griggio e ho la fortuna di collaborare con l’Accademia Teatrale Lorenzo da Ponte di Vittorio Veneto per cui ho realizzato il logo per la nuova compagnia teatrale Lila Teatro.

Dimmi un progetto artistico di cui vai particolarmente fiera
Il progetto espositivo Corredo Singolo a cura di Rossana Calbi, presentato per la prima volta nel 2018.
7 opere che raccontavano la storia di alcune delle mie personalità.
C’era il maschile, la sensuale, la pigra, l’animale fortunato, la bambina bionda e altre, tutte su supporti diversi, un corredo per l’appunto, tovaglia, lenzuolo, asciugamano, mutande.
Il primo che aveva un insieme di complessità emotive personali con una realizzazione che si rivolgeva al mondo.
La mostra è stata esposta nell’abbazia di Badia a Ruoti (Arezzo) in occasione del Beu-Beu Art Festival, a Specchia, Lecce, a Palazzo Risolo e nella torre di San Felice Circeo con la collaborazione di Fabio D’Achille, che sta supportando il mio lavoro a Latina.
Mi descriveresti il lavoro artistico di Linda De Zen con un’immagine e con 3 parole?
Semplice che racchiude.

(© The Parallel Vision ⚭ _ Paolo Gresta)