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#Recensione: “Oliver Twisted” al Teatro de’ Servi

Oliver Twist” è il titolo del secondo romanzo dello scrittore britannico Charles Dickens, pubblicato a puntate tra il febbraio 1837 e l’aprile 1839. L’opera, inserita in quello che viene definito il filone del romanzo sociale nella letteratura inglese, racconta l’avventurosa storia dell’orfanello Oliver Twist che, fuggito dall’orfanotrofio, vive per le strade di Londra cavandosela con piccoli furti e monellerie.

Oliver Twisted” ne è il geniale adattamento teatrale di Leonardo Ferrari Carissimi (che firma anche la regia) e Fabio Morgan. Una versione in chiave 2.0 delle vicende di Oliver che ha già riscosso nel tempo notevolissimo successo e che dal 17 al 19 dicembre ha entusiasmato il pubblico del Teatro de’ Servi in occasione del quarto appuntamento per la Stagione Fuoriclasse, in collaborazione con il Teatro dell’Orologio.

La drammaturgia lascia intonsa l’atmosfera narrativa del libro ma alleggerisce i toni drammatici della storia originale attraverso un attento utilizzo dei dialoghi fra i protagonisti in scena, che solo apparentemente deviano l’attenzione del pubblico dai temi di partenza per poi ricondurre lo spettatore nel cuore della Londra ottocentesca della prima rivoluzione industriale.

La capitale inglese fra le righe del testo ma l’Italia nella sua interezza si presta da ambientazione in questo originale adattamento interpretato magistralmente da Davide Antenucci, Matteo Cirillo, Lucrezia Forni, Susanna Laurenti, Benedetta Russo, Enrico Torzillo, Riccardo Viola e Pietro Virdis.

La scenografia è essenziale e la carta vincente è certamente rappresentata dall’utilizzo dello spazio teatro che viene coinvolto nella sua interezza facilitando l’effetto sorpresa e una speciale interazione fra attori e spettatori. Viene lasciata carta bianca alle capacità d’improvvisazione dei protagonisti che riescono a sottolineare in maniera personale la funzionalità del testo in scena. 

C’è ritmo, allegria e complicità in questo “Oliver Twisted” e le caratteristiche di ogni singolo interprete vengono esaltate a favore di un effetto di gruppo armonioso, all’interno del quale ciascuno è parte essenziale per la riuscita del tutto.

La cura nei dettagli ci racconta come nell’essenzialità e nella semplicità si possano spesso ritrovare i risultati migliori. Prendendo spunto quindi dal tema del disagio sociale dickensiano, “Oliver Twisted” indaga alla sua maniera (e di certo non meno intensa) la storia delle ingiustizie sociali che non hanno dialetto, che sono comuni in tutti i luoghi: centro, nord, sud dell’Italia o del mondo che siano.

La giustizia è sempre “giusta”? Questa è la domanda con la quale ci salutano e solleticano i protagonisti di una pièce che con la giusta dose di allegria ci dimostra che la vita non è sempre rose e fiori. Ma anche che, se le spine fanno male, è anche vero che sta a noi trovare le strategie per non farci pungere.

Per essere certa anche questa volta di non dimenticare nessun appunto di viaggio, vi (ri)propongo la sintesi schematica di questo lavoro che concorre per aggiudicarsi un posto nel cartellone 2019/2020 del Teatro de’ Servi (noi di The Parallel Vision facciamo orgogliosamente parte della giuria critica):

(s)punti forti: “Oliver Twisted” è uno di quegli spettacoli che alla fine ti vien voglia di tornare a vedere. È leggero ma non banale, allegro ma non comico e, soprattutto, provocatorio al punto giusto. La società vive continuamente il suo disagio, un ciclo temporale nel quale cambiano i nomi ma la sostanza permane. Perché non prendere spunto dalla letteratura per ricordarlo a tutti?

(s)punti deboli: impossibile trovarne!

(s)punti tecnici: bello l’utilizzo e la scelta della musiche. Eccellente il tratteggiare nord, sud e centro Italia semplicemente affidando ai protagonisti in scena i vari dialetti da interpretare. La regia agevola il ritmo incalzante delle interpretazioni e il risultato è un vortice di suggestioni che avvolge il pubblico in sala, affascinandolo. 

(s)punti e basta: “Oliver Twisted” è uno spettacolo che sa coniugare il bisogno di uscire da teatro leggeri ma al tempo spesso carichi di riflessioni da condividere oppure far maturare dentro sé stessi. Ridere con intelligenza è un regalo che solo il teatro di qualità offre.

Voto: 10

The Parallel Vision ⚭ _ Raffaella Ceres)
(Foto: © Manuela Giusto)

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