Fra tutti gli spettacoli in scena in quest’ultima ed impegnativa stagione proposta dal Silvano Toti Globe Theatre, “Macbeth” è senza dubbio la tragedia che scuote l’animo umano fin nelle sue parti più gelosamente nascoste. Il “Macbeth” di Daniele Salvo è un viaggio disperato immerso in un tempo senza inizio né fine.
Uno degli aspetti che ha permesso nei secoli a un pubblico sempre più numeroso di apprezzare le opere di William Shakespeare è rappresentato dalla versatilità temporale che i suoi testi contengono. Amiamo e scopriamo costumi, musiche e parole di un’epoca solo apparentemente distante.
L’alchimia che permette questo prodigio discrimina le belle opere dai capolavori. Quelli che non soffrono mai crisi stilistiche per intendersi, quelli fra i quali possiamo annoverare “Macbeth“. È disarmante osservare come la commedia più corta composta dal drammaturgo inglese sia al contempo la più emotivamente intensa.
È molto probabile che Shakespeare decise di dare al “Macbeth” una ricaduta persino didattica poiché influenzato dalla vicina Congiura delle Polveri, organizzata a danno di Re Giacomo I. “Macbeth” non è mera finzione, ma è ispirata a personaggi storici.
Il protagonista fu davvero un re scozzese che uccise il re precedente, sebbene la sua caratterizzazione psicologica sia interamente frutto della preziosa penna shakespeariana. Il Macbeth storico regnò per ben 17 anni, periodo che fu particolarmente prospero grazie alla sua generosità.
La trasposizione drammaturgica curata dall’impeccabile regia di Daniele Salvo per il teatro elisabettiano nel cuore di Roma è maestosa. L’utilizzo magistrale delle musiche, delle luci e dei movimenti scenici offrono al pubblico uno spettacolo dalla bellezza rara, cinematografico quanto basta, teatrale più dell’immaginabile.
Difficile traghettare gli spettatori nel cuore di una tragedia così complessa da far (ri)vivere. Impossibile attingere alla poesia romantica di un “Sogno di una notte di mezza estate” o al dolore scomposto del “Re Lear“, e nemmeno tentare di ricostruire battaglie cruente così come nell’”Enrico V“.
In “Macbeth” si tratteggiano con pazienza storia e personaggi, così come accade nel lavoro artigianale di un ragno che tesse la sua preziosa tela. Daniele Salvo ed i bravi (tutti) protagonisti in scena, hanno saputo tradurre il fine gesto della tessitura in un crescendo di tensione e dolore immersi nella sete di potere di Macbeth e della sua consorte.
“La vita non è che un’ombra che cammina
Un povero attore che si dimena
e si pavoneggia per un’ora su un palcoscenico
e poi
non se ne parla più” – William Shakespeare
“Macbeth, Macbeth!” , urlano sovente i protagonisti. È una cantilena che si staglia come l’ostinato in una composizione musicale per creare un effetto di staticità e insieme di stacco rispetto alle altre parti della melodia, imbrigliando il ritmo degli eventi. Ritmo che è decisamente definibile uno dei co-protagonisti in scena insieme ai tanti interpreti che vogliamo ricordare per il lavoro di squadra così ben costruito: Luigi Bignone, Francesco Biscione, Marco Bonadei, Simone Ciampi, Elio D’Alessandro, Martino Duane, Gianluigi Fogacci, Giulia Galiani, Massimiliano Giovanetti, Melania Giglio, Francesco Iaia, Francesca Maria, Matteo Milani, Marta Nuti, Giacinto Palmarini, Silvia Pietta, Mauro Santopietro, Carlo Valli, Stefano Di Lauro, Claudio Di Paola, Matteo Magazzù e Sebastiano Spada.
Quali sono stati dunque gli elementi di forza del “Macbeth” in scena fino al prossimo primo ottobre? L’utilizzo dello spazio teatro a 360°; i personaggi che si muovono in tutte le direzioni; e le scene d’insieme, talmente evocative che l’impatto empatico risulta a tratti persino difficile da affrontare. Le scenografie belle ed essenziali ma che sottolineano magistralmente l’atmosfera cupa degli animi dei protagonisti e la musica incisiva ne sono il naturale corollario.
Impossibile non applaudire a lungo l’interpretazione di Melania Giglio, Lady Macbeth e di Giacinto Palmarini, il protagonista. Così fragili e così duri, così perfetti nelle imperfezioni del genere umano da loro incarnate.
Il tempo si riprende sempre ciò che l’uomo sottrae con astuzia ma senza giustizia. “Macbeth” è la metafora delle due facce dell’ambizione. Da una parte la spinta per migliorare noi stessi e dell’altra la perdizione e dannazione eterna. “Cosa osa un uomo degno?”. La risposta è in scena e vi aspetta ancora al Silvano Toti Globe Theatre di Villa Borghese.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Raffaella Ceres)
(Foto: © Marco Borrelli – Globe Theatre)