Dire “non mi piace” non è fico. Apologia del dis-gusto – Ma Dispari Vale?

Mentre scrivo siamo a metà della settimana del Festival di Sanremo.
Manifestazione che, proprio per il suo carattere nazional-popolare e per la quasi impossibilità di schivarla/ignorarla/sfuggirle, scatena nell’italiano medio (in senso di statistica, non di giudizio snobistico) la necessità di esprimere un parere, fosse anche solo per la facoltà che i social danno a chiunque di farlo.
Non scherzo, mi è capitato di leggere sotto ad articoli ricondivisi da pagine social di riviste più e più commenti in stile “non lo seguo” / “non mi interessa”.
Ma questo fenomeno meriterebbe un approfondimento a parte che forse, volendo conservare un’immotivata flebile fiducia nel prossimo, non mi sento di fare.
Un pochino snob
Tornando al tema di questa digressione, una non-novità è la tendenza dilagante che porta a pensare che meno cose piacciono, migliori si è.
E per “migliori” si intende “migliori degli altri”.
Un pochino snob? Direi di sì, oltre al fatto che sentirsi migliori di altri solo perché non ci piace una canzone mi sembra qualcosa su cui riflettere.
Sì, perché la pericolosità di questo ragionamento è data dal fatto che l’unica cosa su cui fa leva questo presunto essere migliori è solo ed esclusivamente la differenza rispetto agli altri, il “populino” a cui piacciono queste cose.
Che sia la manifestazione in toto o il singolo cantante in gara, parlando nello specifico di Sanremo.
Goderne o non goderne
Ci pensavo questa mattina, mentre provavo a giustificare a una mia amica il fatto che quella certa artista, acclamata a gran voce da chiunque, si assestasse con moto ondulatorio fra la mia noia e il mio fastidio.
Giustificare, sì: perché la verità assoluta, che ci piaccia o meno, è che chi gode di una cosa è sicuramente più felice di chi non lo fa.
Che sia una cosa piccola, o grande, ogni volta che qualcosa riesce a infonderci sensazioni piacevoli è una grande, assoluta e inconfutabile vittoria.
Se ne consegue che chi afferma a gran voce quanto una cosa lo annoi profondamente, in realtà sta solo comunicando la sua non–facoltà di goderne.
Insomma, si sta perdendo qualcosa di bello: non l’oggetto del godere, ma il godimento stesso.
La bellezza è l’emozione stessa
E che cosa stiamo al mondo a fare, mi chiedo io, se non per raccogliere, collezionare e assorbire ogni possibile spunto di bellezza?
“Ma quella canzonetta non è bellezza, la bellezza è l’arte, è altro, ah, i Beatles!”. Sì, sì, non si discute.
Come sopra: la bellezza in questo caso non è ciò che scaturisce l’emozione, ma è l’emozione stessa.
Riassumendo: mi sembra molto più sfigato chi schifa qualcosa rispetto a chi invece riesce a gustarselo.
Ed è vero che de gustibus non disputandum est.
Facciamo in modo, proprio per questo, che il sentirci migliori non sia basato sui giudizi feroci che siamo in grado di emettere su chi pensiamo sia peggiore (leggi: “più sfigato”) di noi.
Che il non farci piacere qualcosa non mi sembra granché, come punto di forza.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Valentina Dispari)