#Intervista: Claudia Spedaliere, “vi presento il mio teatro a Centocelle”
Ha aperto lo scorso 23 ottobre. Si trova in Via del Campo fra l’Alessandrino e Centocelle, nel V municipio di Roma.
Ed è il nuovo spazio culturale della Capitale firmato da Claudia Spedaliere, attrice campana adottata dalla Città Eterna che assieme al regista/attore Luca Pennacchioni e all’autore Stefano Terrabuoni ha deciso di dare vita a un teatro di prova a Roma Est.
Un luogo che ha già raccolto l’immensa gratitudine di istituzioni e cittadini (“Grazie per non aver aperto una sala slot!“) e che vuole ritagliarsi uno spazio importante all’interno del tessuto artistico dell’Urbe con spettacoli e attività laboratoriali, sia per bambini che per adulti.
Ho sfruttato l’occasione di questa chiacchierata con Claudia per farmi spiegare bene la sua idea e per fare un piccolo excursus nella carriera artistica di una ragazza profondamente toccata dalla pandemia, ma che ha saputo reagire, rialzarsi e ricostruirsi.
Fino ad arrivare a “dare alla luce” una creatura che vuole far funzionare al meglio, perché “è un dovere verso me stessa e verso l’arte“.

Mi racconti da dove nasce la storia artistica di Claudia?
La mia storia artistica nasce a Portici, in provincia di Napoli, dove ho vissuto fino ai 19 anni.
Proprio nella mia città ho iniziato a fare teatro. Avevo 15 anni e ho cominciato perché mi aveva attratto un volantino giallo fluorescente che pubblicizzava la scuola del “Nuovo Teatro De’ I Rinnovati”.
Così ho iniziato con i maestri dell’associazione culturale “Theatron”, insegnanti dal calibro di Alfonso Postiglione e Francesco Saponaro e non ho più abbandonato il teatro.
Infatti, dopo il diploma ho deciso di continuare questo percorso trasferendomi a Roma. Mi sono iscritta alla Facoltà di Arti e Scienze dello Spettacolo dell’Università “La Sapienza”.
E all’improvviso posso dire che ho avuto la vera “folgorazione sulla via di Damasco”, in quanto sono diventata studente/attrice dei maestri Carlo Quartucci e Carla Tatò, terminando il mio percorso universitario con una tesi personale sul meraviglioso “giardino scenico” che era stato creato con loro in circa 3 anni di attività.
Devo ammettere che l’incontro con il regista Carlo Quartucci è stato per me molto significativo e importante perché mi ha forgiata totalmente.
E a lui, come a Carla Tatò, devo il merito di essere l’attrice che sono oggi.
Parlami delle tue attività in tempi di “non pandemia”: cosa ti piace proporre, sul palco, soprattutto?
Prima della pandemia le mie attività lavorative erano prettamente mirate all’interpretazione degli spettacoli che mi venivano proposti e all’insegnamento teatrale, in quanto sono anche un’insegnante di recitazione per l’infanzia.
Per fortuna dopo l’interruzione forzata mi sono rimboccata le maniche. E ora raccolgo ciò che avevo seminato prima, sia in ambito didattico che scenico.
Per quanto concerne ciò che mi piace proporre sul palco, posso dire che non ho delle vere e proprie preferenze di genere o di stili.
Non ho un vero autore preferito: a me deve colpire il testo, la storia, l’intreccio!
Da quanti anni fai questo lavoro? E da allora com’è cambiato il tuo modo di intraprendere iniziative artistiche?
Innanzitutto, posso dire di aver capito che poteva diventare per me un vero e proprio lavoro quando per la prima volta ho ricevuto un regolare compenso per un allestimento fatto per l’iniziativa culturale “Maggio dei monumenti” a Napoli.
Avevo 17 anni e frequentavo ancora la scuola di Teatro a Portici.
Ma è diventata una vera attività col tempo: da circa 10 anni è cresciuta sempre di più, i sogni hanno iniziato a concretizzarsi e ho capito che dovevo intraprendere iniziative artistiche personali.
Infatti, negli ultimi anni, assieme al regista/attore Luca Pennacchioni e all’autore Stefano Terrabuoni, abbiamo fondato una nostra Associazione Culturale, che si chiama “Compagnia della Farsa”.
So che hai da poco aperto uno spazio teatrale tutto tuo. Raccontami com’è andata
Diciamo che prima o poi si arriva a un punto della vita in cui o si fa il cosiddetto “switch” o si resta lì dove si è. E io credo nei tentativi e nei rischi e il mio rischio è coinciso con il cambiamento.
Infatti, da ottobre 2021, dopo un paio d’anni che con la Compagnia della Farsa eravamo ospiti nel teatro Clan Dei 100 del maestro Nino Scardina, si è sentita l’esigenza di aprire uno spazio mio/nostro.
Così ho proposto a Luca e a Stefano di partire proprio dal mio quartiere e di trovare un luogo adatto alle nostre esigenze artistiche.
Loro hanno accettato la mia proposta e con le nostre mani abbiamo messo su un piccolo teatro di prova in Via del Campo fra l’Alessandrino e Centocelle, nel V municipio di Roma.
Devo ammettere che la nostra iniziativa è stata accolta benissimo, la risposta degli abitanti di zona è stata molto buona.
Per noi è stato bellissimo sentirsi dire il 23 ottobre, giorno dell’inaugurazione dello spazio:
–Grazie–
–Grazie per aver creato uno posto del genere–
–Grazie per non aver aperto una sala slot–
Questi ringraziamenti li abbiamo avuti sia dai residenti che dagli assessori del V municipio.
Insomma, in tempi come questi puntare sulla cultura è una bella sfida e io credo in quello che facciamo, credo nell’arte che non muore mai.
Quali sono le attività che organizzi nel tuo teatro?
Oltre a fare le prove dei nostri spettacoli e ad affittare per il medesimo motivo lo spazio ad altre compagnie, svolgiamo prettamente attività laboratoriali, sia per bambini che per adulti.
Abbiamo infatti aperto da meno di 2 mesi e sono subito partiti i corsi.
C’è una cosa che un’attrice non deve mai fare e un’altra invece che va sempre fatta?
Bella domanda. Non mi piace cadere nella retorica dicendo il classico: “un’attrice non deve mai…!“.
Io credo semplicemente che non si debba mai perdere di vista il proprio desiderio di creare, di divenire, di trasformarsi, di reinventarsi, perché è questo quello che noi facciamo ogni volta.
Ad esempio, io, nonostante abbia aperto uno spazio praticamente sotto casa mia e ne sono ancora incredula nell’aver realizzato un sogno, controllo le mie ansie facendo vincere i miei obiettivi.

Domanda retorica (forse): l’emergenza Covid quanto ha inciso sul tuo lavoro?
A livello lavorativo ha inciso come perdita di opportunità di vario genere, ma in realtà più che farmi “male” economicamente, mi ha devastata psicologicamente.
Per fortuna mi sono rialzata e ricostruita.
Al momento di cosa ti stai occupando?
Come ho detto il piccolo Teatro di prova di Via del Campo è la mia novità.
Quindi mi sto occupando principalmente della sua gestione, sono sempre lì, lo coccolo come se fosse un figlio perché farlo funzionare al meglio è un dovere verso me stessa e verso l’arte.
Teatri e cinema sono rimasti chiusi praticamente per tutta la durata dell’emergenza pandemica e sono stati gli ultimi luoghi culturali ad aver riaperto. La cultura è davvero “non necessaria”?
Purtroppo esistono individui pronti a far da antagonisti a tutto ciò che può dar “luce”, non capendo che la cultura è il futuro ed è necessaria.
È importante “educare” le nuove generazioni verso il teatro, la musica, l’arte.
Solo così si potrà avere una vera empatia e sensibilità verso il prossimo.
Parlami delle iniziative che hai in mente per i prossimi mesi
A fine marzo con la Compagnia della Farsa saremo in scena al Teatro Porta Portese, mentre a maggio saremo al Teatro Petrolini con 2 commedie brillanti, ma non posso anticipare nulla altrimenti gli altri 2 membri della compagnia si arrabbiano…
Scherzi a parte, abbiamo in mente allestimenti teatrali che richiamano proprio il genere della farsa, che non a caso è il nome della nostra Compagnia.
Dimmi un progetto artistico di cui vai particolarmente fiera
Sarò scontata, retorica e ripetitiva ma sono fiera di aver realizzato il progetto del teatro di prova di Via del Campo, nel mio quartiere.
Insomma, un’Associazione Culturale che propone laboratori teatrali non è un’attività che apre tutti i giorni qui a Roma Est…
E io ci sono riuscita perché ho creduto in me e in Luca, il quale si è prestato all’”edilizia teatrale” e per la prima volta si è cimentato nel costruire un palco funzionale con quinte, sipario…
Assieme abbiamo trasformato un locale completamente vuoto in un piccolo teatro soltanto con la forza dei nostri sogni.
Mi descriveresti il lavoro artistico di Claudia Spedaliere con un’immagine e con 3 parole?

L’immagine che rappresenta artisticamente il mio lavoro è questa che vedi nella foto.
Si tratta di un disegno riprodotto da me durante la pandemia.
Eravamo chiusi in casa e io ho iniziato a disegnare, in modo compulsivo, maschere.
Questo ritratto l’ho fatto con 2 pennarelli di colori diversi e poi con il trucco, con il mio ombretto, l’ho colorato.
Rappresenta il mio stato emotivo: 2 volti che guardano in direzioni differenti, la donna verso la commedia, l’uomo verso la tragedia. Ma alla fine si uniscono creando una sola maschera…
E io sono così. In me vivono 2 Claudia: una che si spinge sulle montagne russe e un’altra che si rifugia seduta su di una sedia a dondolo.
Riassumendo il mio lavoro in 3 parole lo definirei:
- “Teatroso”. Neologismo creato da me perché tutto ciò che faccio nella mia vita lo teatralizzo
- Ingegnoso
- Coinvolgente
(© The Parallel Vision ⚭ _ Paolo Gresta)