Il Catcalling, un fenomeno silenzioso e ancora troppo sottovalutato
“Il potere è di due specie. Un tipo si fonda sulla paura della punizione e l’altro sulle arti dell’amore. Il potere basato sull’amore è mille volte più efficace e permanente di quello derivato dalla paura della punizione”.
Mahatma Gandhi
Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un momento dedicato a sensibilizzare l’opinione pubblica su quello che ormai ha assunto i connotati di un vero e proprio fenomeno criminale.
Noi di Parallel Vision aderiamo a questa giornata e, quest’anno, vogliamo farlo portando l’attenzione su un tipo di violenza che è spesso sottaciuta e sottovalutata ma che ha dei risvolti negativi nelle vittime di non poco conto: la violenza psicologica.
Violenza psicologica: che cos’è
Comunemente quando sentiamo parlare di violenza subito la mente corre alla violenza fisica, quella che lascia i lividi e che è visibile all’occhio esterno, ma in realtà il termine “violenza” è inclusivo e comprende in sé molteplici sfaccettature di aggressività non solo fisica ma anche psicologica.
Quest’ultima forma di violenza risulta connotata non da un singolo episodio ma da una molteplicità di comportamenti che, oltre a essere dissimili, possono variare di intensità, frequenza, risultare più o meno manifesti.
Costituiscono violenza psicologica i maltrattamenti, le offese, le critiche, le accuse, la mancanza di rispetto, la svalutazione, la menzogna, i ricatti, il controllo della libertà personale.
Tutti atteggiamenti che conducono a un vero e proprio abuso emotivo della vittima minandone, nel tempo, il suo valore personale, il suo senso di identità, la sua dignità e la sua autostima.
Anche la violenza psicologica costituisce reato.
Tuttavia ad oggi il legislatore non ha ancora previsto un unico reato inclusivo dei diversi comportamenti abusanti posti in essere dall’autore del maltrattamento.
Ma ricorrendone i presupposti può essere idonea a integrare una o più delle seguenti fattispecie criminose: maltrattamenti in famiglia, minaccia, violenza privata, stalking.

Il Catcalling: le molestie di strada
Una forma di violenza psicologica di cui si sente sempre di più parlare è il cosiddetto Catcalling.
“La parola ‘catcalling’ nomina una serie di atti (complimenti non richiesti, commenti volgari indirizzati al corpo della vittima o al suo atteggiamento, fischi e strombazzate dall’auto, domande invadenti, offese e perfino insulti veri e propri) che, in quanto ritenuti espressione di una mentalità sessista e svalutante, costituiscono un tipo specifico di molestia sessuale e di molestia di strada” (Accademia della Crusca).
Il sostantivo inglese Catcall nella sua forma originaria, attestata attorno alla seconda metà del ‘600, sta a indicare il verso che i gatti fanno di notte, mentre l’espressione Catcalling, formata dal verbo (to) Catcall, già a partire dalla seconda metà del ‘700 veniva utilizzata per indicare l’atto di fischiare a teatro gli artisti di strada per manifestare disappunto.
È negli ultimi tempi che il Catcalling viene adoperato per denotare fenomeni di “street harassment” (letteralmente “molestie di strada”) consistenti in fischi, schiocchi, sorrisi, suonate di clacson che una persona, o più, rivolge a un’altra, non solo sul fisico ma anche sull’atteggiamento.
È precisamente nel 2006 che l’Oxford English Dictionary aggiunge tra i significati del verbo quello di “commento sfacciato volto a esprimere attrazione sessuale o apprezzamento, fatto tipicamente da un uomo a una passante donna”.
Mentre in Italia è tra il 2013 e il 2014 che si afferma la tendenza, soprattutto in rete, di indicare tali atteggiamenti con il termine inglese Catcalling al posto di quello “nostrano” e prediletto dalla stampa italiana di “molestie di strada” o, anche, “pappagallismo”.
Per continuità argomentativa oggi vi parlerò della vittima-donna di Catcalling, ma occorre precisare che può riguardare anche persone appartenenti a minoranze etniche, disabili, omosessuali o transessuali.
Le molestie di strada, infatti, possono anche consistere in insulti omofobi, transfobici e altre offese riguardanti l’etnia, la religione, la classe sociale e la disabilità, palesando l’intento discriminatorio di chi le pone in essere.
Nel sentire comune gli atteggiamenti tipici del Catcalling vengono sottovalutati, considerati quali commenti “innocenti” e confusi con manifestazioni di apprezzamento.
Da uno studio è persino emerso che gli autori di Catcalling si aspettano cordialità e atteggiamenti di ringraziamento da parte della vittima.
Un fenomeno più complesso di quanto si pensi
Ma il fenomeno è assai più complesso e lesivo di quello che comunemente si pensa.
Commenti non richiesti da parte di sconosciuti vengono avvertiti dalle destinatarie come potenzialmente pericolosi e tali da suscitargli sentimenti di rabbia, impotenza, disagio, senso di colpa, paura e angoscia.
Secondo un Indagine Istat condotta nel 2018, il 35,3% delle cittadine italiane non si sente al sicuro quando esce di casa da sola e per tale motivo modifica in tali occasioni il proprio modo di vestire o la propria condotta.
Come se il motivo per il quale si subisce la molestia risieda in un proprio atteggiamento colpevole che provoca nell’autore simili comportamenti.
È evidente come si venga a creare una discrepanza tra l’uomo e la donna con conseguente lesione del principio della parità di trattamento.
Il Catcalling può anche sfociare in condotte quali lo stalking, l’aggressione e lo stupro.
In molti Paesi, come ad esempio la Francia e il Portogallo, le molestie in strada sono considerate reato.
In Italia il legislatore non ha ancora formulato una norma di legge che punisce esplicitamente questa forma di condotta.
Fintanto che non si agisca in tal senso, il Catcalling viene ricondotto ad altre fattispecie di reato.
In diverse occasioni la Corte di Cassazione ha ritenuto la condotta di continuo e insistente corteggiamento, che risulti non gradito alla persona destinataria, integrante la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 660 del Codice Penale, molestia o disturbo alle persone, in quanto tale comportamento costituisce una molestia o un disturbo notevole per la trivialità e l’invasione nell’altrui sfera privata.
Nel 2017 la Corte di Cassazione è tornata sul punto ritenendo integrato il reato di cui all’art. 660 del Codice Penale nel caso dell’insistente comportamento di chi corteggia, in maniera non gradita, una donna, seguendola per strada, così da costringere costei a cambiare abitudini, essendo tale condotta rivelatrice di petulanza, oltre che di biasimevole motivo (Cass. Pen. Sez.I, Sent. 19 Ottobre 2017, n.55713).
A chi rivolgersi in caso di maltrattamento psicologico
I Centri antiviolenza presenti sul territorio forniscono personale qualificato ad accompagnare la vittima non solo di violenza fisica ma anche psicologica nel percorso di fuoriuscita dal maltrattamento.
Un primo approccio può essere fornito dalle operatrici del call center 1522 che garantisce l’anonimato e l’assistenza non solo nella lingua italiana ma anche in inglese, francese, spagnolo e arabo.
Oltre alla chiamata diretta è possibile chattare con le operatrici dell’help line del sito raggiungibile all’indirizzo www.1522.eu, anch’esso accessibile in 4 lingue oltre l’italiano (spagnolo, arabo, francese e inglese).
Mentre l’app per smartphone, denominata “App1522”, scaricabile attraverso i sistemi più diffusi di iOS e Android, consente la comunicazione chat e l’interazione con le operatrici.
Si può decidere anche di denunciare direttamente recandosi presso gli uffici delle Forze dell’Ordine oppure tramite l’app della Polizia di Stato YOUPOL.
L’autrice
Fatima Santina Kochtab è avvocata freelance, insegnante privata di diritto e dottoressa in legge con una tesi in diritto processuale penale dal titolo “Presunzione di innocenza e considerazione di non colpevolezza alla luce della disciplina normativa dei diritti dell’imputato“.
Ha approfondito la materia legale attraverso vari corsi di formazione e di preparazione all’esame di abilitazione, conseguendo quindi l’abilitazione forense.
Attualmente svolge l’attività di avvocata freelance specializzata in diritto penale e diritto dell’informatica, titolare della qualifica di Data Protection Officer e Information Security e scrive numerosi articoli per il web, materiale di studio e approfondimento di leggi, normative vigenti e di questioni dottrinali e giurisprudenziali.
Al fine di mettere anche al servizio degli altri il suo bagaglio personale e culturale, Fatima è anche operatrice antiviolenza e antitratta, titolo conseguito a seguito della frequenza al corso di formazione per operatrici anti-violenza domestica e di genere tenuto dalla cooperativa “Befree”.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Fatima Santina Kochtab)