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Hagard o la storia di un’ossessione nel mondo contemporaneo

“Hagard” di Barfuss: la storia di un’ossessione nel mondo contemporaneo

Chi non è mai stato vittima di un’ossessione? Prima o poi si incontra sempre qualcuno che c’è cascato o forse ci siamo già cascati tutti.

Che sia un vestito visto in vetrina, un nuovo tipo di biscotti, che sia un colore o un cappotto tra la folla: scatta e si cade nella trappola dell’ossessione.

Qui lo scatto avviene alla vista di un paio di ballerine color prugna.

Anche io ho le mie ossessione, ovvio, e come tutti me le tengo volentieri per me. Non perché mi vergogni, alcune semplicemente stonano con l’immagine che ho di me stesso e che ormai, a metà della mia vita, coincide con quella che hanno i miei simili: un uomo con molte debolezze e ancor più principi”.

Il potere dell’ossessione

Hagard” è il libro di Lukas Bärfuss pubblicato da L’Orma Editore (pp. 163, 15 euro) e insignito del prestigioso premio Georg Buchner.

Il termino “hagard” che fa da titolo rimanda al gergo della caccia dove si intendono i falchi catturati in età adulta che non si lasciano addomesticare.

Il protagonista è Philip, un agente immobiliare con una vita ordinaria, fatta di lavoro e frequentazioni, appuntamenti e pranzi fuori.

L’evento straordinario è la sua reazione alla vista di un paio di scarpe indossate da una donna sconosciuta.

Da qui inizia un inseguimento folle che finisce per stravolgere la vita dell’uomo. In che modo?

Improvvisamente nulla è importante. Abbandona gli impegni di lavoro, quelli sentimentali, decide di vivere all’istante.

Senza preoccuparsi del dopo, adotta il qui e ora, sicuramente sopraffatto dal potere dell’ossessione.

A raccontare l’intera vicenda non è Philip, ma una voce esterna che vorrebbe limitarsi ad analizzare i fatti, per quanto assurdi possano sembrare.

Scompare il filo logico dell’esistenza

Siamo sempre affascinati dalle vite degli altri, dalle storie intraviste sui tavoli di un ristorante, dalle vite delle persone che incontriamo per strada.

Le storie degli altri suscitano sempre curiosità.

Succede che per analizzare questa storia si perde il filo logico dell’esistenza, perché il protagonista decide di non seguire più alcuna logica.

Tutto è ambientato nel giro di 36 ore. C’è un luogo preciso, una data: è martedì 11 marzo, c’è un inizio della storia.

Però tutto diventa spettrale: “a furia di fissare gli alberi non vedeva più la foresta; solo che la foresta – su questo voglio insistere – è una pura ipotesi, un sistema astratto non riscontrabile nella realtà”. 

Fa da sfondo del romanzo un mondo che rimanda a quello di oggi, sfiduciato, vittima della tecnologia e dei rapporti telefonici, schiavo del lavoro, della monotonia, in cui è svanita la fiducia nel futuro e nelle possibilità di raggiungere i propri successi.

“Il futuro faceva paura, era svanita quella spensieratezza che non troppo tempo prima dispiegava tovaglie a quadri su prati primaverili in fiore. Si era entrati -così dicevano gli elzeviri dei giornali- in un’epoca di passaggio, la cui fine, quando ci sarebbe toccata in sorte, avrebbe significato una sola cosa: il tramonto del mondo per come lo conoscevamo”.

Seguire l’istinto ci rende schiavi o padroni?

Mentre il narratore cerca di decifrare i comportamenti di Philip, lui continua il suo pedinamento della donna: alla stazione, al bar, sotto casa o fuori casa con la compagnia di una gazza che pare seguirlo.

Senza soldi, senza macchina, senza un vero perché, non è più padrone delle sue azioni. O forse lo è per la prima volta?

Seguire l’istinto ci rende meno o più padroni della nostra vita? Non c’è una risposta esatta.

Ne nasce una vera e propria indagine che cerca di scovare i lati oscuri dell’essere umano contemporaneo.

Parte importante dell’analisi è l’importanza della connessione con i nostri cellulari.

In un passo del libro il narratore stila una serie di strumenti fondamentali che hanno caratterizzato ciascuna epoca: la macchina a vapore, la prima macchina a stampa e ora l’alimentatore del cellulare.

Crea più dipendenza non il cellulare, quanto l’alimentatore, perché l’ansia arriva quando il cellulare è quasi scarico.

E alla fine del giorno, in preda all’inseguimento, il cellulare di Philip è quasi morto e “appena veniva a mancare quei telefoni intelligenti morivano di fame, le persone erano sperse, si ritrovavano separate dagli altri e mollavano nel mutismo e nella sordità”.

Con una prosa asciutta e un ritmo calzante, si respirano l’ansia e l’irrequietezza che muovono il personaggio.

Hagard” è un libro che si legge in un giorno e si finisce senza rendersene conto.

E finisce con un inizio o forse inizia con un finale. 

The Parallel Vision ⚭ ­_ Giusy Esposito)

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