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#Recensione: “Il Paese di chi se ne va” al Teatro de’ Servi

Il Paese di chi se ne va”: il nono appuntamento con la Stagione Fuoriclasse al Teatro de’ Servi in collaborazione con il Teatro dell’Orologio è firmato, nel testo e nella regia, dalla talentuosa Francesca Muoio (aiuto regia Davide Paciolla). Una commedia drammatica interamente e melodiosamente narrata in napoletano per un viaggio senza tempo o che forse, al tempo, vuole cambiare ritmo e arrangiamento.

Alice è una bambina speciale. Ha l’animo pieno della bellezza di chi ancora sa ascoltare le fiabe. E cosa sono le fiabe se non una fra le più eleganti forme che accarezzano il saper narrare? È il 1960, siamo in estate e la fanciulla decide di seguire l’improbabile passeggiata di Caterina, la pazza del paese, che se ne va in giro con una torta di compleanno.

il-paese-di-chi-se-ne-va-teatro-de-servi-2019-4-2È così che l’agire delle 2 figure, immaginifico inizio e fine di questa incredibile avventura, interrotte solo dalla voce narrante della stessa Francesca Muoio, introduce l’incontro della bimba con gli abitanti de “Il Paese di chi se ne va”. Sono felici di averla con loro: le riservano l’accoglienza più festosa, la coccolano, la invitano a far festa ma, soprattutto, hanno per lei un compito importante.

“Quando ti senti sola pensa a una favola perché essa non ti abbandona”

Alice deve raccontare le storie delle anime di questo posto incastrate fra il sonno e la veglia dove l’attesa è traguardo e meta. Sono le avventure di persone che non abitano più la loro condizione terrena ma che hanno, della terra, ricordi e memorie. Cosa ci impedisce di dimenticare qualcuno? Solamente il parlarne, farlo (ri)vivere nei ricordi degli altri, il narrare appunto.

E sono storie d’amore, di guerra, di compromessi e sogni infranti, di fatica, dolore ma anche tanta poesia e passione. Sono le voci soliste di azioni che armonizzano fra loro come il più angelico dei cori per indicare, a chi rimane, che il sole continua a sorgere anche dopo la notte più lunga. Che l’amore è la spada che vince qualsiasi sopruso.

“La libertà di amare nemmeno le bombe te la possono levare”

La commedia si sviluppa nel corso della vigorosa narrazione in un gioco di fiabe nella fiaba. Le storie dei protagonisti de “Il Paese di chi se ne va” si intrecciano con i ricordi dedicati al legame con l’adorato papà della giovanissima Alice. E il cuore di questo incastro si fa pulsante attraverso una dolcissima terza fiaba che illustra ancora della simbiosi con la figura paterna, degli affetti più cari e del bisogno di saper lasciare questa vita e che riesce a far commuovere per bellezza e intensità nell’interpretazione.

il-paese-di-chi-se-ne-va-teatro-de-servi-2019-4-1Per essere certa anche questa volta di non dimenticare nessun appunto di viaggio, vi (ri)propongo la sintesi schematica di questo lavoro che concorre per aggiudicarsi un posto nel cartellone 2019/2020 del Teatro de’ Servi (noi di The Parallel Vision facciamo orgogliosamente parte della giuria critica):

(s)punti forti: “Il Paese di chi se ne va” è omaggio alla commedia napoletana e, al tempo stesso, all’intera cultura partenopea. Il dialetto del capoluogo campano tinge di passione ogni singola parola. L’originalità drammaturgica della quale è portatrice non permette, durante l’atto unico, cali di attenzione da parte del pubblico. Il ritmo delle interpretazioni fa sì che tutti i protagonisti in scena comunichino empatia pur restando in silenzio. I costumi, le musiche e le scenografie compongono un quadro di rara bellezza. Toccante la scena finale durante la quale il simbolismo di alcuni elementi sul palco riassume l’interezza del dramma appena concluso.

(s)punti deboli: Sarebbe davvero difficile parlare di debolezze riferendosi a questa performance che riesce a risultare vincitrice anche nel rapporto qualità/durata. “Il Paese di chi se ne va” non è uno spettacolo semplice. Eppure sfiora le corde di una meta comunicazione ancestrale, proponendo archetipi riconoscibili da ciascuno di noi. Forse l’unica vera sfida è stato il rendere familiare un dialetto che in alcuni momenti diventa ostile per la comprensione di chi non è abituato a cambiare repentinamente registro lessicale. Per alcuni può diventare una sfida e per altri una sconfitta.

(s)punti tecnici: “Equilibrio” è la parola che si potrebbe associare, al termine della partecipazione, a questo bel lavoro teatrale. Lo si legge fra le righe del testo che bilancia dolori e speranze così come in tutti gli altri elementi riconducibili allo spettacolo nella sua globalità. Una menzione speciale va riconosciuta al lavoro di Giulio Villaggio (scene e grafiche), Antonietta Rendina (costumi), Martin Emanuel Palma (luci), Andrea Rega (audio), Edoardo Simeone (musiche originali), Sara Lupoli (coreografie), Selvaggia Filippini (burattini).

(s)punti e basta: “Il Paese di chi se ne va” è un’occasione di incontro fra ciò che è stato e ciò che ancora può essere. È un messaggio di speranza che si fonde e mai confonde con il dolore per una perdita, per quanto straziante essa sia. E in ultimo, ma non per importanza, è occasione per applaudire un eccellente lavoro di squadra capitanato da Francesca Muoio e sostenuto brillantemente da Anna Carla Broegg, Marianita Carfora, Cesare D’Arco, Alfonso D’Auria, Flora Del Prete, Valeria Frallicciardi, Matteo Mauriello, Davide Paciolla e Luca Trezza.

Voto: 9,5

The Parallel Vision ⚭ _ Raffaella Ceres)

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