Qui, ora. “Almost, Maine”. Essenzialità che si trasforma in essenza: natura e forma dell’amore. In scena dal 7 al 9 gennaio 2019 al Teatro de’ Servi il testo di John Cariani, un vero e proprio bestseller del teatro americano contemporaneo, è il quinto appuntamento del nostro viaggio intorno al teatro per il concorso “Fuoriclasse” presentato in collaborazione con il Teatro dell’Orologio.
5 episodi fra di loro legati da un’unica impresa: (ri)conoscere. Sebbene il tema centrale della drammaturgia sia l’amore nelle sue declinazioni più incredibili, il bel lavoro di introiezione operato da Jacopo Costantini, Ludovico Röhl, Giulia Trippetta e Silvia Zora guidati dalla regia minuziosa di Samuele Chiovoloni ci offre la lettura originale di uno dei testi più rappresentati negli Stati Uniti.
Come potrebbe essere possibile infatti dialogare sull’amore se prima non ci preparassimo a comprendere che di esso stiamo realmente parlando? Così, lo spettacolo accoglie il pubblico con un quadro drammaturgico apparentemente assurdo sia nei dialoghi proposti sia nella costruzione della scena. Una donna stira distrattamente in lontananza (scopriremo solo in un secondo momento che stava in realtà introducendo la scena successiva) e 2 giovani estranei diventano in breve tempo armonia perfetta di sensi e affetti. Un cuore rotto e un’aurora boreale a far loro da colonna sonora.
“Ci sono cose che fanno male anche se non fanno male”
“Almost, Maine” è la coordinata geografica nella quale le storie narrate prendono vita. Il secondo episodio indaga il dolore che si rischia di affrontare quando si abbraccia una passione. Il terzo episodio, provocatorio e bellissimo, affronta senza giri di parole il poter ammettere di amare una persona dello stesso sesso ma allo stesso tempo è un inno all’amicizia, talvolta la forma più sublime dell’amore.
Il quarto episodio (personalmente il mio preferito per comunione di sintesi scenica e sintattica) e infine il quinto, sono una parabola discendente verso la fine di un amore o forse il suo consolidamento a patto di sapere guardare dentro sé stessi. Riconoscerci, dicevo. Le interpretazioni dei giovani protagonisti in scena sono precise e appassionate. I personaggi da loro raccontati risultano credibili, attuali eppure riconducibili a un tempo senza fine. Spigliati, simpatici e intensi hanno saputo catturare le emozioni del pubblico in sala.
La scenografia essenziale e il tappeto musicale proposto permettono alla drammaturgia di esprimersi senza orpelli. In fondo quando un testo è scritto bene non ha bisogno di un abito sontuoso. Stare all’interno di una relazione è anche saper esplorare le nostre inquietudini più private e con “Almost, Maine” siamo tutti spettatori del copione di una vita che potremmo scrivere noi stessi.
Per essere certa anche questa volta di non dimenticare nessun appunto di viaggio, vi (ri)propongo la sintesi schematica di questo lavoro che concorre per aggiudicarsi un posto nel cartellone 2019/2020 del Teatro de’ Servi (noi di The Parallel Vision facciamo orgogliosamente parte della giuria critica):
(s)punti forti: “Amost, Maine” è chiaro, divertente, emozionante. Non sono 5 storie di relazioni che si mostrano in scena, ma le infinite possibilità che l’amore offre. Nel bene e nel male. Probabilmente proprio mostrarne il lato più difficoltoso senza scivolare in banali retoriche ne fa una pièce vincente.
(s)punti deboli: Anche questa volta è davvero riduttivo provare a cercare pecche concettuali nello spettacolo proposto. La giovane età dei protagonisti non ha impedito di dimostrare loro professionalità e temperamento da invidiare.
(s)punti tecnici: La semplicità scelta dalla regia in dicotomia con la complessità delle argomentazioni drammaturgiche rendono il risultato generale armonioso e vincente.
(s)punti e basta: “Almost, Maine” è uno spettacolo romantico e delicato adatto a tutti. Perciò prendete i vostri compagni di vita, i vostri migliori amici o semplicemente la vostra anima e non abbiate paura di ridere e piangere contemporaneamente: dicono sia liberatorio!
Voto: 9
(© The Parallel Vision ⚭ _ Raffaella Ceres)