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#Recensione: “Sogno di una notte di mezza estate” al Globe Theatre

Ci sono occasioni teatrali per le quali non è necessario interrogarsi sull’efficacia registica o drammaturgica, ma risulta fondamentale chiedersi perché il loro fascino rimanga inalterato stagione dopo stagione, o meglio, notte di mezza estate dopo notte di mezza estate.

Il riferimento rende chiaro l’oggetto della riflessione: l’attesa messa in scena, per il dodicesimo anno consecutivo, del “Sogno di una notte di mezza estate” firmato dalla regia di Riccardo Cavallo che vi attende fino al prossimo 26 agosto al Silvano Toti Globe Theatre.

Vivere o sognare? Esiste una bellezza che possa essere definita assoluta? Amore che segue, amore che insegue: la trama del “Sogno di una notte di mezza estate” è una fra le più conosciute, vista la notorietà di quella che considero la più fiabesca delle opere di William Shakespeare. Le 3 dimensioni della narrazione legano fra di loro gli incastri amorosi di Teseo, Ippolita, Elena, Demetrio, Ermia e Lisandro, i sogni di fama e realizzazione artistica degli artigiani che preparano la rappresentazione teatrale in onore delle nozze fra il Duca d’Atene e la regina delle Amazzoni e infine le atmosfere surreali del regno di Oberon e Titania.

…è una vana cosa però quando chi fugge è più forte e chi insegue è più mite

L’intera opera è un omaggio al risveglio della natura primaverile e le dissonanze della narrazione invitano lo spettatore ad interrogarsi sull’equilibrio precario che accompagna l’avvicendarsi del fato alla razionalità quotidiana. 

3, dicevo, sono dunque i linguaggi narrativi che ogni spettatore può scegliere di tradurre nel codice più familiare ma che toccano indistintamente corde intime dell’animo fino a riunirsi in una profonda commozione condivisa quanto più ci si avvicina al celebre monologo finale del folletto Puck (Fabio Grossi, sempre più bravo in un ruolo che egli esalta con la musicalità del suo timbro vocale).

È importante omaggiare la scenografia essenziale che aiuta a concentrare l’attenzione del pubblico esclusivamente sulle vicende incorniciate dal continuo mutare del registro lessicale dei protagonisti. L’elemento scenico delle gabbie sospese è la chiave di lettura dell’intera scelta iconografica che lascia idealmente libera la fantasia e vuole catturare unicamente le emozioni. Risulta fanciullescamente esaltante, ogni volta, ascoltare lo stupore del pubblico al disvelamento delle gabbiette nascoste inizialmente da piccoli teli.

Deliziose si rivelano Ermia (Valentina Marziali) ed Elena (Federica Bern), affascinanti Oberon (il bravissimo Carlo Ragone) e Titania (la solenne Claudia Balboni), divertenti Demetrio (Sebastiano Colla) e Lisandro (Marco Paparella). Un plauso speciale merita l’intera formazione dei teatranti e l’energia positiva di Fairy (l’instancabile Cristina Noci).

Non è certo quale genere abbia ispirato la trama del “Sogno di una notte di mezza estate”. La storia di Piramo e Tisbe è raccontata nelle “Metamorfosi” di Ovidio, mentre la trasformazione di Bottom in un asino è tratta da “L’asino d’oro” di Apuleio. Un’altra nota la dedico alla realizzazione dell’opera che fece epoca grazie a Peter Brook nel 1971: in seguito infatti divenne frequente l’elemento legato alla sessualità della commedia ripreso con intelligente ironia anche in questa versione di Riccardo Cavallo (nel bosco le vicende simboleggiano anche la sessualità selvaggia e incontrollabile, sia liberatoria sia terribile).

Non avere mai chiaro fino in fondo se si stanno cogliendo tutti gli aspetti della narrazione rende preziosamente onirico il messaggio del “Sogno di una notte di mezza estate”. Perché un messaggio c’è ed è molto chiaro: l’apparente caos che talvolta governa gli eventi della nostra vita deve essere accolto come un sogno di quelli che non subito riusciamo a comprendere al nostro risveglio. Ma esiste, esattamente come esiste il mondo intorno a noi. Puck rappresenta in parte il caos e la sua figura viene compensata da quella dei commedianti che invece rappresentano la parte più profonda, i messaggi che spiazzano e portano il pubblico a riflettere: saggezza e casualità. 

“…e voi sareste matti se vi metteste a biasimare un sogno…

Un lunghissimo applauso finale accompagna le ultime battute e riporta in scena l’intera compagnia più volte per suggellare il patto d’amore fra i sogni e il teatro. Per questo, anno dopo anno, la magia del “Sogno di una notte di mezza estate” non perde la sua unicità: abbiamo tutti ancora bisogno di credere nei sogni. I più coraggiosi poi riusciranno a farlo persino ad occhi aperti, di notte di mezza estate in notte di mezza estate.

The Parallel Vision ⚭ ­_ Raffaella Ceres)
(Foto: © Debora Tofanacchio)

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