La quarta serata si preannuncia moscia, per ospiti e perché le canzoni sono già tutte note, non c’è neanche più l’effetto brutta sorpresa. Nota metodologica: narrazione della serata in un quasi flusso di coscienza in ordine quasi cronologico.
Aprono i quattro giovani rimasti a contendersi lo scettro di “nuova giovane scoperta nuovi cantautori cantanti esibitori promessa italiana” di Sanremo 2017. Il primo, Lamacchia, ha senz’altro una marcia in più per scrittura e profondità, e invece arriva quarto. Vincerà senz’altro il vecchio lupo che altri non è che Lele, fidanzato di Elodie, in gara tra i big.
Già sei più piccolo di lei, canti pure tra i piccoli mentre lei sta con i grandi? Ma la virilità? Eh? E invece se la merita. Rosichiamo tutti. Comunque, canzone sanremese, bel timbro, la gavetta l’hai fatta con le eliminazioni da “The Voice” prima e “Amici” dopo (quarto classificato), canti da tanto, sei giovane per davvero non come Maldestro che sembra De Gregori tinto. Bravo tu. Terzo classificato Guasti, secondo Maldestro.
Bravi gli illusionisti, o acrobati, o tizi innamorati tra di loro con calze color carne. Entrano Maria e Carlo, senza portachiavi stavolta (ma recupererà intorno alla mezzanotte, per quella che sarà la terza trashata della serata). Maria ha fatto il miracolo, si è riuscita a vestire peggio delle altre serate. Ormai è chiaro. La costumista ha la sola autorità di proporle una serie di vestiti, dai quali lei sceglierà, inequivocabilmente, immancabilmente, quotidianamente, il più brutto. Sanremo ti guardo. Maria ti svesto.
Bon, Carletto presenta la giuria che stasera vale meno, solo il 30% rispetto al 50% delle altre serate. Ovvio che vale meno, c’è Greta Menghi, che non so chi sia ma ha fatto incazzare un sacco di persone, quindi boh. Comunque ha preso l’applauso dopo il figlio di Morricone che, in uno slancio di self-confidence, ha creduto di essere il padre e ha regalato alla platea un inchino di un minuto e mezzo.
Fermi tutti, Maria si mette una dentiera finta e pretende di convincerci sia “la faccia di Sanremo”. Prima trashata andata, anche per stasera. Poi la segue anche Carlo e chiedono insieme di fare lo stesso da casa, farsi un selfie e mandarglielo. Classico delirio da cinquantenni su Facebook. Vanno capiti.
Di buono in questa serata, comunque, c’è che le canzoni le si conoscono già e quindi non bisogna riparlarne. Né di quelle belle né di quelle brutte. Inoltre si comincia già a canticchiare le più simpatiche, o quelle scritte meglio, o quelle che, quantomeno, non suonano come una tortura di Guantanamo – tipo quella di Albano. Fa eccezione quella della Ferreri, che s’innesta nel subconscio come fosse un impianto alla “Inception“. Incubo.
Dopo qualche canzone cantata più o meno come le altre volte, torna Crozza con la sua satira politica: Renzi buuu – Gentiloni dove lo metti sta – Mattarella vivo per miracolo. Stop. Chiude in bellezza però: “Siete talmente carini, Carlo e Maria, a fare le scenette con i denti finti, che fate venire voglia di pagare il canone. A Mediaset”. Bene così.
Valchiria old school, entra in sfilata Marìca Pellegrinelli. Chissà se la Balivo acconsente al suo look così poco casto. Sarebbe da domandarglielo. Ma anche no. Dicono sia modella, la Marìca. Si fa fatica a non crederci, ma lei parla solo dell’amore suo. Chi è? Eros Ramazzotti, chi altri sennò? Il fuoco nel fuoco che non sbaglia mai, la terra promessa delle modelle più belle d’Italia. Bravo lui. E pure lei, per carità. Però non cantare tesoro, te ne preghiamo, in fin dei conti sei sempre sul palco di Sanremo. Essù.
Dopo altre esibizioni ormai rodate e più fluide, si prepara la seconda trashata: standing ovation per la Fata Turchina Antonella Clerici. Non sapendolo ho fatto pubblicità al programma che la Clerici è venuta a pubblicizzare, “Standing Ovation“, appunto. Una specie di talent per genitori-figli. Non se ne sentiva il bisogno. Affatto.
C’è anche Sandra Milo in questo Sanremo 1966. No, ringraziando non so chi, no. È Virginia Raffaele la cui sola visione riesce a tirar su le palpebre. La Milo-Raffaele ha avuto tre mariti e due trombamici: stupidina, biondina, facilina di costumi, signorina borghesuccia del centro che si fa le canne per ridere da scemetta mentre porta fuori i barboncini.
La dipinge così a Sandra Milo la Virginia nazionale. Spunta, come un fulmine a ciel sereno, un Beppe Vessicchio in platea ed è subito delirio nostalgico tra il pubblico. #intantoVessicchio cosa? Il maestro è, ed è sempre stato, all’Ariston. La Raffaele, comunque, ha fatto sorridere. Tuttavia, non la sua miglior performance.
Pensavo di non dover parlare di musica, e avevo ragione, ché del bel pezzo di Gabbani ho già detto. Stavolta però il toscano si presenta lui stesso dentro un costume da scimmione, e quello che prima era lo scimmione si mette il suo maglioncino arancione che indossava Gabbani alla seconda serata. Un’esegesi figurativa del significato recondito nel testo di “Occidentali’s karma“: questa la spiegazione colta che avrebbe dato Carlo Conti se solo gli si fosse lasciato il tempo.
Entra Zingaretti (attore, non governatore) che presenta la nuova stagione di Montalbano, il commissario don Giovanni inquilino del più bell’abuso edilizio d’Italia in quel di Marina di Ragusa. Visto che s’è parlato di donne e di uomini probi nel conquistarle, menzione d’onore anche a Luca che ha sposato una tra le donne e attrici più belle d’Europa, Luisa Ranieri. Poi canta anche lui e riesce nell’impresa di stonare anche “Vita spericolata” di Vasco. Tanto ormai vale tutto.
Permanenti, paillettes, quattro quarti e synth ignoranti. Va in scena un giusto omaggio a Giorgio Moroder, capo giuria, con la voce della bella londinese Karen Harding, interprete dell’ultimo brano di Moroder, “Good for me“. Sanremo si trasforma in Baia Imperiale tra i ’70 e gli ’80. Per i cultori e nostalgici del genere, sicuramente un bel momento. Linus, altro giurato, è tra questi. Io anche. Alec Schulz no, ospite qualche ora dopo. Infatti i suoi millemila milioni di dischi venduti sortiscono lo stesso effetto del pezzo di Zarrillo.
Anche la serata finisce e si porta via quattro canzoni e altrettanti cantanti. Tornano a casa più o meno giustamente Giusy Ferreri, Ron, Albano tra i fischi di sconcerto della platea e il buon Gigi D’Alessio. C’è sgomento per quest’ultima eliminazione: era una canzone difficilissima, in cinque quarti. Che dire, keep it simply for the next time.
Per loro è finita, per noi manca poco.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Simone Zivillica)