Cultura

#Intervista: Gianluca Polverari, Radio Città Aperta, la nuova avventura sul web

Radio Città Aperta ha chiuso la sua avventura in Fm il 29 febbraio 2016. Una vicenda che ha scosso profondamente il mondo della comunicazione romana, della sua scena musicale, di una parte consistente di cittadini che ogni giorno, ad ogni ora, si collegava con gli 88.9 dell’emittente capitolina per seguire i Consigli Comunali e Regionali trasmessi in diretta, scoprire le nuove realtà artistiche di tutto il mondo, restare aggiornati sugli eventi di cui altrove non si parlava mai. RCA si è trasferita sul web da martedì 1 marzo, praticamente da un giorno all’altro. “O si scompariva o si andava online“, ci dice Gianluca Polverari, voce storica della radio presso cui lavora dal 2003. “C’era un rischio di fallimento, per cui la frequenza di RCA poteva finire ‘svenduta’ allo Stato“. La radio invece esiste ancora e sta cercando di adattarsi alla Rete come meglio può e nel più breve tempo possibile. Abbiamo chiesto a Gianluca di raccontarci cosa pensa di questa vicenda, cosa è successo davvero negli ultimi mesi e soprattutto di parlarci di quello che attende RCA e i suoi ascoltatori.

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Gianluca allora, ci racconti dal tuo punto di vista la vicenda della fine di RCA in Fm?
La radio non era in buone acque già da un po’, perché al Consiglio Comunale sono saltate le sedute a causa della caduta di Marino e quindi i soldi che ci arrivavano non sono più entrati. In più, il Consiglio Regionale ci ha presi un po’ in giro per un anno e mezzo nonostante i presìdi che abbiamo fatto lì davanti alla sede con il nostro camper. Sembrava che ci avrebbero dato supporto e poi invece hanno ridotto di molto il budget, che abbiamo condiviso con un’altra radio. Dopo questo episodio, non ci sono state ulteriori novità e ci siamo ritrovati con grosse difficoltà economiche, ritardi di stipendio e varie altre cose.



E questo nell’arco di quanto tempo?

Diciamo da ottobre-novembre. Ma già da prima c’era una situazione di emergenza economica, anche se ci siamo organizzati per affrontare il problema. C’è chi si è dato da fare per partecipare ai bandi europei, con le nostre serate di Top of the Rock abbiamo devoluto gli incassi a sostegno della radio, abbiamo attivato in maniera potente un ufficio pubblicità che ha iniziato a trovare parecchi sponsor. E anche gli ascoltatori hanno contribuito attraverso la nostra campagna di sottoscrizione.

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E dopo novembre cos’è successo?
Tra gennaio e febbraio sono state fatte alcune riunioni per analizzare la situazione, dove ci siamo detti che era necessario per tutti rimboccarsi le maniche. Poi, con il fatto che non trasmettevamo neanche più i Consigli, gli ascolti sono aumentati e gli ultimi dati che sono usciti parlavano di un traffico addirittura triplicato. Con pubblicità che stava entrando in più, quindi in una prospettiva più che positiva.



E invece?
Invece abbiamo saputo dall’oggi al domani che la Cooperativa che gestisce la radio aveva parlato con un commercialista, il quale ha notato come i conti non consentivano di stare sereni per poter andare avanti. C’era un rischio di fallimento, per cui la frequenza di RCA poteva finire “svenduta” allo Stato e le persone che ci lavoravano lasciate senza un supporto economico. Quindi si è pensato di poter vendere la frequenza a una buona cifra al Gruppo RTL, che adesso occupa gli 88.9 con Radio Zeta.

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Quindi non avete avuto molto tempo per pensare a come adattarvi alla nuova dimensione della Rete.
No. O si scompariva o si andava online, anche se in qualche modo lì c’eravamo già con lo streaming. Però siamo partiti senza aver strutturato bene tutto quanto, dalle macchine ai programmi. È tutto in divenire, al momento. Ma quello che è fondamentale è che ci aspettiamo un investimento importante da parte dell’organizzazione su persone, cose, strumenti e tutto quanto. Altrimenti non c’è motivo per poter andare avanti, viene a mancare la possibilità di poter fare seriamente il nostro lavoro.

Pensi che sarebbe stato possibile andare avanti ancora per un po’ in Fm oppure era proprio necessario chiudere?

Questo non lo so, non ero dal commercialista quel giorno. Magari era possibile, magari no. Forse stando ancora qualche mese sulla nostra frequenza avremmo raccolto pubblico sufficiente ad attirare altri investitori. Non lo so. Certo, di pubblicità dovevi farne tanta e importante, i buchi in bilancio dovuti ai mancati introiti da parte del Comune c’erano e anche le spese.

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Come sono stati questi primi nove giorni online?
La partecipazione del pubblico c’è. Abbiamo avuto qualche problema tecnico nell’aggiornamento di alcune macchine, per cui abbiamo dovuto staccare e questo ci ha fatto perdere un po’ di pubblico. Però devo dire che gli ascoltatori hanno avuto un atteggiamento a dir poco commovente: gente che ci è venuta a trovare qui in sede, messaggi che arrivano dalla pagina Facebook, ragazzi che partecipano alle nostre serate. Le persone insomma sono state davvero carine, con noi, dimostrandosi un pubblico raro. E questo fa male, perché poi pensi che alla fine c’è una parte di loro che vorrebbe ascoltare RCA e invece si deve sorbire in Fm solo le cose peggiori…

“Come nel 1978 fu fatta una scommessa su una tecnologia allora libera e da scoprire, l’FM, così oggi noi puntiamo sulla rete, consapevoli delle difficoltà ma anche delle opportunità che ci aspettano”, si legge sul vostro sito. Secondo te è davvero un nuovo inizio? 

RCA all’epoca nasceva in condizioni del tutto diverse come Radio Proletaria, con un’altra storia sociale. Poi si è sviluppata tanto e in questi ultimi anni avevamo dato vita a situazioni importanti come i corsi Talk Radio, ad esempio, che hanno portato qui nuova linfa vitale. Il recente periodo, poi, è stato davvero di unione e spero che questo atteggiamento si mantenga. Ti ripeto, per noi vuole essere assolutamente una ripartenza, però non dipende solo dai dj, ma anche dagli investimenti che verranno fatti in futuro. È un gioco di entusiasmi che devono comunque essere alimentati. E soprattutto vogliamo vedere delle cose concrete.

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Tu e i tuoi colleghi siete rimasti uniti?

Sì. Qualcuno, come Prince Faster, si è preso una piccola pausa, ma tornerà a breve e i programmi ci sono ancora tutti. E comunque ognuno di noi vuole vedere cosa succede, come ti dicevo prima. Lo stacco dall’Fm alla web radio è importante, l’Italia non è un Paese preparato a questo, anche tecnicamente. Tanta gente ci seguiva in macchina, per dire. Stiamo spiegando come continuare a farlo attraverso la sezione delle Istruzioni per l’Uso sul sito, però ad esempio le persone più anziane potrebbero avere qualche problema. Ci saranno perdite di ascolti che probabilmente non sarà facile riconquistare.

Come pensate di affrontare il problema?

Dobbiamo innanzitutto rinnovare il sito, renderlo più performante, dare nuove possibilità di ascolto, creare podcast pronti fin da subito. Tante cose, insomma. Adesso siamo in piena fase di “lavori in corso”. Spero che entro breve ci possano essere determinate indicazioni e risposte a nostre esplicite richieste.

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Tu sei a Radio Città Aperta dal 2003. Quante situazioni “di rottura” simili a questa hai vissuto?
Così forte e definitiva è la prima volta. Possono essere cambiate le persone, ma la radio c’era. Stavolta è una cosa nuova e potente, quindi è anche una bella botta emotiva e professionale. L’ultimo giorno, il 29 febbraio scorso, abbiamo fatto la diretta tra il bello di tanta gente intorno e tanto calore e l’amarezza di quello che è adesso.

L’idea comunque è quella di non mollare.
No, non mollare. Ma quello che è importante per poter mettere in campo le nostre professionalità è avere una risposta da parte dell’organizzazione. Quello è fondamentale. Quando arriverà e vedremo che assieme alle nostre idee c’è anche un progetto serio su tutto quello che si vuole creare, non mancherà certo l’entusiasmo per poter ripartire bene.

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