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Mostre a Roma, recensione: Erin Johnson alla Galleria Delfini

Mostre a Roma, recensione: Erin Johnson alla Galleria Eugenia Delfini

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(Foto: © Silvia Torrioli)

Esistono oggetti, piante, continenti a cui non si è ancora attribuito un nome? 

Sarebbe sempre tragico l’epilogo di Romeo e Giulietta se i 2 protagonisti si chiamassero in un altro modo? 

Forse no. Sia Romeo che Giulietta avrebbero sempre gli stessi legami di sangue che li hanno portati al suicidio.

Quanto al primo quesito, la risposta potrebbe essere al contrario affermativa in quanto:

Fin dai tempi di Adamo, l’uomo ebbe la libertà di attribuire un nome a qualsiasi idea e l’ha ancora oggi

Mostre a Roma: “Daisy Chain” di Erin Johnson alla Galleria Delfini

Queste parole, tratte dal “Saggio sull’intelletto umano” del filosofo inglese John Locke, sintetizzano la tendenza degli esseri umani ad attribuire nomi e appellativi alla realtà che li circonda.

Quanto è facile infatti entrare in una libreria e recarsi alla sezione “poesia” per cercare un libro in versi?

O alla sezione “classici” per rispolverare le pagine di qualche autore intramontabile?

Ebbene, proprio il fine di facilitare l’orientamento attraverso i segni della nostra realtà ci porta a catalogare.

Sfortunatamente, però, spesso l’attribuzione di un nome equivale all’assegnazione di un’etichetta.

Un marchio che si carica di significati emotivi e che potrebbe portare infine a una generalizzazione troppo semplicistica.

Il risultato è spesso la perdita della ricchezza semantica che ogni espressione e parola racchiude in sé.

La prima mostra personale dell’artista statunitense Erin Johnson, invece, si muove nella direzione opposta.

Daisy Chain” porta a Roma, e in particolare alla Galleria Eugenia Delfini, un modo polisemico di approcciarsi alla realtà.

Il titolo della mostra infatti è stato scelto perché definisce una corona di margherite così come una serie di dispositivi elettronici o una formazione sessuale di gruppo.

Un titolo dalla ricchezza semantica che segue tuttavia un tema comune, ovvero cosa significhi condividere, costruire ed essere parte di una comunità. 

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Foto dell’allestimento della mostra Erin Johnson: Daisy Chain, 8 febbraio, 2023 – 29 marzo, 2023, Galleria Eugenia Delfini, Roma.  Foto di Carlo Romano. Courtesy dell’artista e della galleria.

“Ci sono cose in questo mondo che vanno ancora nominate”

La videoartista e fotografa Johnson riesce a far entrare il visitatore in un’atmosfera onirica fatta di video installazioni, fotografie e sculture immerse in una luce rosa diffusa.

Accedendo alla galleria sulla sinistra c’è la video-installazione “There are things in this world that are yet to be named” (“Ci sono cose in questo mondo che ancora vanno nominate“, 2020).

L’opera racconta di uno scambio d’amore tra 2 donne in un erbario dove studiano un pomodoro australiano in grado di produrre sia fiori maschili che femminili che ermafroditi.

Questa particolare caratteristica ha disorientato per molto tempo la comunità scientifica la quale non è stata in grado di classificare la pianta a causa della sua sessualità fluida.

La Johnson affianca la relazione amorosa con lo studio del pomodoro e si interroga su cosa succede se andiamo contro la norma e se esiste un modo alternativo di vivere la vita.

Le stesse protagoniste del video ripetono in coro il titolo dell’opera quasi a voler sottolineare la polisemia della realtà e la moltitudine di approcci alla vita che tutti e tutte dovrebbero tenere in considerazione.

L’impossibilità inoltre di catalogare la pianta conferma la risposta al nostro primo quesito sul concetto di categorizzazione.

Un viaggio tra molteplici strati di realtà

Sulla parete di destra 3 schermi si susseguono e mostrano delle immagini in cui un gruppo di amiche, amici e amanti giocano, odorano, assaporano delle arance.

Con “Oranges” (2023) Johnson continua a interrogarsi e a mostrare modi diversi di approcciarsi a una semplice arancia.

Ci sono persone che la tagliano, altre che la assaporano, altre che ci giocano come se fosse una palla.

Siamo di fronte a un caleidoscopio di immagini in piano sequenza che non hanno la pretesa di narrare una storia.

Vogliono semplicemente mostrare una via alternativa alle convenzioni sociali e un ritratto della collettività in cui gli individui diventano parte di un tutto.

Gli interrogativi della Johnson diventano quindi interrogativi universali in grado di smuovere le coscienze ma non di fornire risposte.

Al centro della sala, quasi a volere congiungere le 2 videoinstallazioni, 2 sculture in bronzo.

Le opere sono la riproduzione di un paio di cinghie dell’erbario e si mostrano al pubblico nella loro immobilità e stato di riposo.

Affermano con prepotenza la nuova prospettiva con cui vogliono essere guardate, ovvero quella di opere d’arte che nulla hanno a che fare con le attività in cui sono di solito impegnate.

Daisy Chain” rappresenta dunque un viaggio all’interno dei molteplici strati della realtà e delle sue altrettanto molteplici interpretazioni.

Propone inoltre frammenti di un nuovo linguaggio in grado di dare voce “a elementi emarginati”, per usare le parole di Wendy Lotterman.

Oltre a modi alternativi di stare al mondo e confrontarsi con la realtà. 

Se vi trovate dalle parti di Via Giulia, quindi, fate un salto in questo affascinante angolo dalla luce rosa diffusa.

E immergetevi nelle narrazioni di Erin Johnson, artista visuale nominata da Filmmaker Magazine tra i 25 registi indipendenti più interessanti del 2022.

La mostra sarà aperta fino al 29 marzo in Via Giulia 96 dal martedì al venerdì, in orario 15.30-18.30, oppure su appuntamento. Info: info@galleriaeugeniadelfini.it.

The Parallel Vision ⚭ _ Silvia Torrioli)

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