Giusto in tempo per il Rock: Altamont, Stones e il 6 dicembre 1969

Non che abbiano niente da dimostrare. Insomma, sono i Rolling Stones, mica i Blind Faith.
Eppure in giro si dice che qualcosa nella loro musica inizi proprio a stonare. Ed è solo il 1969.
Il tour americano è stato pazzesco. Qualcuno l’ha definito il “primo tour rock mitico della storia“.
Di certo, era il primo per Mick Taylor che andava a sostituire lo sfortunato Brian Jones.
Di nuovo insieme
Erano trascorsi 3 anni da quando avevano messo piedi sul palco per l’ultima volta, farlo di nuovo insieme, per i nuovi Stones è qualcosa di travolgente.
Eppure tutto è cambiato.
I live non durano più venti 20, ma almeno 2 ore.
E “noi in effetti ci eravamo abituati a non suonare, perché sapevamo di non poter prevalere con l’impianto che avevamo su 3000 ragazzine urlanti” racconta a un certo punto Keith Richards.
Il costo del biglietto per andarli a vedere suonare – o “non suonare” – per quella società di colombe e idealisti è, per giunta, quasi ingiurioso.
Cartellini con prezzi alle stelle esibiti su rocker che subiscono sempre di più il fascino dello star system.
Qualcosa comincia a puzzare.
La reputazione.
Il massacro dell’Altamont Speedway Park
Si decide allora di aprire le gabbie, di organizzare un mega concerto gratuito all’Altamont Speedway Park di Livermore, un grande autodromo a circa 50 miglia da San Francisco.
L’unico in grado di ospitare tutta la gente prevista per quel mega show.
Gli Stones non saranno da soli.
Con loro suoneranno Santana, Jefferson Airplane, Flying Burrito Brothers, Crosby Stills Nash & Young. Anche i Grateful Dead.
L’evento esige un servizio d’ordine adeguato.
E così Rock Scully, il manager dei Grateful Dead, chiama alcuni ragazzi motociclisti, considerati da molti facinorosi non propriamente i migliori amici degli hyppies: gli Hell’s Angels.
In cambio del loro servizio patteggiano pagamenti in alcolici.
Ovviamente il risultato di questa vile contrattazione è una catastrofe.
Ancor prima del concerto molti spettatori sono assaliti dai motociclisti ubriachi che imbracciano stecche da biliardo come armi.
Si scaraventano sul pubblico, pestano, sputano, violentano.
Hanno il potere dell’esibizione, l’attenzione di tutti.
I concerti però proseguono nella quasi totale indifferenza degli artisti.
Non per i Santana che interrompono il loro concerto.
I Grateful Dead rinunciano persino a iniziarlo.
I Rolling, come altri, ci provano. Sono sul palco alle 16.30. Sotto c’è il finimondo.
Muore un ragazzo, aggredito e accoltellato. Si chiama Meredith Hunter, ha 18 anni. È un afroamericano.
Ma non è solo.
Moriranno con lui quel giorno, il 6 dicembre 1969, altre 3 ragazzi. Ma The show must go on, lo spettacolo continua.
La coscienza generale stesa al sole
La conta dei danni di questa tragedia del rock supera enormemente l’intrattenimento e la bellezza artistica che Woodstock solo 4 mesi prima aveva cercato di imprimere su quelle 4 lettere: R-O-C-K.
E che Altamont, invece, affonderà per sempre come un barcone carico di migranti nel silenzio di una coscienza generale tenuta a stendere al sole per asciugarsi al meglio.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Elisa Mauro)