#Intervista: Grieco, “fiducia e impegno per un cambiamento possibile”

Performer, danzatrice, scrittrice, insegnante, attrice. E ogni definizione per Eva Grieco è del tutto limitante.
Attiva da circa 30 anni nel mondo della cultura e dell’arte, Eva sta attualmente lavorando a un’installazione performativa, a un progetto interdisciplinare e a un nuovo libro di poesie.
Non dimenticando mai che la cultura “ha a che vedere con i corpi, quindi, con la salute psicofisica: di chi la fa e di chi ne fruisce“.
E allora “bisogna restare svegli e procedere con attenzione, magari anche con fiducia e impegno per un cambiamento possibile“.
Mi racconti da dove nasce la storia artistica di Eva?
Ti racconto la folgorazione! Avevo forse 4 anni, assistevo al saggio di fine anno della Scuola del Teatro dell’Opera di Roma perché mia cugina Sonia ne faceva parte.
E niente, mi sono sentita a casa.
Da quanti anni lavori nel mondo della cultura? E da allora com’è cambiato il tuo modo di intraprendere iniziative artistiche?
Circa 30 anni fa ho firmato i primi contratti: uno per il cinema, uno per la danza. Avevo 11 anni.
Poi ho proseguito studiando solo danza – che comunque era una specie di lavoro – e dopo il diploma e un tempo di perdizione necessario non mi sono (quasi) più fermata.
Dal ’95 è cambiato tutto! Ma forse con questa domanda mi aiuti a mettere a fuoco che il cambiamento sostanziale sta proprio nell’iniziativa, nel senso che da interprete è maturata poi l’esigenza di un’autorialità: dall’aderire ai progetti all’inventarli e proporli.
Senza escludere il lavoro da interprete che può essere molto nutriente e gratificante.
Domanda retorica (forse): l’emergenza Covid quanto ha inciso sulla tua attività?
Estremamente! Anche perché già il 2019 è stato per me un anno particolare.
Avevo iniziato a mettere in discussione il mio essere danzatrice dedicandomi ad altre forme d’arte come la poesia e la danza in video. E ai corsi di training e creazione.
La pandemia mi ha quindi colpita in un momento di transizione e se sul piano artistico è stato un periodo di sperimentazione molto interessante, sul piano economico è stato un disastro.
Per fortuna sono stata aiutata: dalla famiglia, dalla compagnia ArteStudio e dalla collecting Artisti 7607 che ha erogato sostegni dove i famosi Dpcm non li prevedevano.
Molto banalmente non avevo le 7 giornate di agibilità utili a ricevere i sostegni perché come scrive Mauro Biani in una sua vignetta: “L’Italia è un paese fondato sui lavoretti“.
E siamo in tanti a lavorare, quando non in nero, con ritenuta d’acconto. Bah!
Che cos’è il progetto “Pratiche per la festa”? Pensi di riproporlo in futuro?
Pratiche per la festa è un progetto ideato da Manuela Cirfera, danzatrice e responsabile insieme a Francesca Romana Sestili e Delfina Stella della sezione danza “Estratti” all’interno della Festa della Cultura organizzata dall’associazione Controchiave di Roma.
Manuela ha chiesto a me e ad altri 2 danzatori – Cinzia Sità e Lorenzo Giansante – di strutturare insieme un gioco per coinvolgere il pubblico in un’azione performativa collettiva. Un esperimento.
Ciò che è emerso è un grande bisogno di contatto, di relazione, di corpo (la partecipazione è stata altissima!).
Non so se decideremo di riproporre il progetto in futuro, non ci siamo ancora confrontati su questo.
Ma sicuramente ora abbiamo dati utili per affinare la proposta in modo da favorire o limitare alcuni comportamenti emersi.

Al momento di cosa ti stai occupando?
In questo momento sto lavorando a un’installazione performativa con la scultrice Maria Pia Picozza e la sound producer Yva Stanisic.
Non posso dire molto, ma sono felicissima di questo incontro. Già le prime sessioni di ricerca sono state umanamente (quindi artisticamente) molto nutrienti.
Poi c’è il progetto interdisciplinare Eight-footed Mole con Alessandro Ciccarelli – una roba di supernicchia!
Poi c’è il secondo libro di poesie “Rilassare i masticatori“.
Sto valutando delle proposte di contratto, ma ancora non ho lo slancio per dedicarmi alla scelta e a tutto quello che comporta avere a che fare con una questione così fragile.
Parlami delle iniziative che hai in mente per i prossimi mesi
Difficile parlare di futuro.
L’intenzione è quella di continuare a curare e promuovere i progetti maturati negli ultimi 3 anni:
- l’ideazione di performance estemporanee con musicisti
- i progetti di danza in video
- i libri di poesia
- i corsi di training e creazione
- l’attività di educatrice posturale (che in realtà pratico dal 2014)
Sono però alle prese con un cambiamento radicale della quotidianità. Una ricostruzione sia sul piano pratico che emotivo.
Dunque, in uno sconvolgimento che riguarda gli aspetti fondanti del vivere, tutto il resto di conseguenza prenderà una forma ancora ignota.
Sono aperta a tutte le possibilità.
C’è da dire però che quella dell’incertezza del futuro e della precarietà – non solo lavorativa, ma degli affetti e del vivere in generale – è una condizione nella quale non mi sento affatto sola e che non dipende quindi solo da sconvolgimenti personali.
La crisi è collettiva e forse sarebbe strano non lo fosse considerando i disastri globali.
Bisogna restare svegli e procedere con attenzione, magari anche con fiducia e impegno per un cambiamento possibile.
Dimmi un progetto artistico di cui vai particolarmente fiera
La fierezza è un sentimento per me abbastanza misterioso che raramente provo in relazione a progetti artistici (soprattutto da autrice).
Ma ce n’è uno che resiste al tempo (per ora) ed è un piccolo video realizzato con Giulia Caterina Massignan e Giacomo Bolzani (filmmakers e amici cari di rara sensibilità).
È un video parte del progetto D U S K, si intitola “DARE?“, dura un minuto e ogni volta che lo rivedo mi riconosco: regge!
Comunque sono fiera di come ho gestito fin qui le cose. Fiera delle scelte, anche degli errori.
C’è una cosa che secondo te una danzatrice non deve mai fare e un’altra invece che va sempre fatta?
Interessante, ma non credo di saper rispondere. Mi è impossibile ragionare in termini di “sempre” e “mai”. Però posso citare una massima: “quando non sai cosa fare, non fare niente“.
È una roba buddista e io non lo sono, ma alcune indicazioni per un sano vivere non sono male nemmeno se applicate a una certa danza. D’improvvisazione, per esempio.
Teatri e cinema sono rimasti chiusi praticamente per tutta la durata dell’emergenza pandemica e sono stati gli ultimi luoghi culturali ad aver riaperto. La cultura è davvero “non necessaria”?
Forse non lo è se il suo valore è misurato esclusivamente sulla base del fatturato, del profitto economico.
Se il settore spettacolo è considerato solo un’altra industria utile al nutrimento del Pil, allora non è certamente al primo posto.
Ma la cultura credo sia qualcosa che ha a che vedere con i corpi, quindi, con la salute psicofisica: di chi la fa e di chi ne fruisce.
Allora forse, se fosse stato preso in considerazione anche questo parametro, i soggetti in carica non avrebbero lasciato per ultimi i luoghi dove uno scambio profondo umano è possibile.
Ammesso che l’obbiettivo fosse il benessere collettivo… Non lo so… è tutto estremamente complesso.
Il punto è che il benessere di un Paese non dovrebbe essere valutato solo in base alla crescita esponenziale del Pil.
È ormai così evidente che questo meccanismo sta portando alla distruzione… Del pianeta! È imbarazzante.
Mi descriveresti il lavoro artistico di Eva Grieco con un’immagine e con 3 parole?
La serie pittorica “Melankoli” di Munch.
Le 3 parole: selvatico – selvatico – selvatico.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Paolo Gresta)