Giusto in tempo per il Rock: 26 giugno 1975

Patti Smith, la poetessa, non ha ancora pubblicato il suo primo album “Horses“.
A New York il giugno di quell’anno è particolarmente galvanizzato di robe nuove.
Le spore intellettuali sono tutte pronte a germogliare in mezzo alle carreggiate lunghe, larghe e trafficate di Manhattan o in qualche budello del Greenwich Village.
Quel 26 giugno 1975 la triade rumore-punk-poesia sorpassa, come in una gara di formula uno, sesso, droga e rock & roll.
Patti e Bob
È mezza sera. Nell’Other End Bob Dylan indossa occhiali scuri. Essere mingherlino gli permette di mimetizzarsi bene in una folla di giganti.
Nei mesi appena trascorsi tutti hanno parlato di Patti. E Bob è stato ad ascoltarli.
Sul palco del piccolo club a Greenwich Village quella sera splende Patti Smith, i capelli scuri scomposti, la chitarra, una band che porta il suo nome, Patti Smith Group.
La scena è pazzesca. Qualcuno le ha detto che in mezzo al pubblico c’è persino Bob Dylan e Patti ansima e freme.
Ha compiuto da poco 29 anni e questo significa che è pronta a dimostrare al mondo di essere un’eroina almeno quanto i suoi, di eroi: Jim Morrison, Michelangelo, Rimbaud, Jean Genet e Godard.
Il rock e la malinconia
E così dichiara agli astanti nel secondo tempo del concerto la sua apoteosi: i pezzi proposti sono inediti, qualcosa che spacca davvero, non la solita manfrina.
Il rock è innovato, la malinconia è una chiave di lettura esaltante per quel tipo di musica, per quel genere di poesia.
E tutto sembra parlare a nuove generazioni che hanno perso il contatto con la lotta, con la loro stessa rabbia e che sperano adesso di trovare un rapporto più intimo e sincero con l’edonismo del nuovo tempo.
“Birdland“, “Land“, la meravigliosa riproposizione di “Gloria” di Van Morrison quella stessa sera diventano ingredienti di un piatto perfetto, essenziale, nutriente e che è in grado di saziare tutti gli stomaci presenti.
Anche uno così volubile e sensibile come Bob Dylan.
Una nuova eroina
Basta una sera così, come quella del 26 giugno 1975, per rendere le cose più chiare del previsto.
La pagina di una nuova eroina della musica rock sta per essere scritta nel silenzio sovraccarico e penoso di un mondo che cammina all’incontrario rispetto ai suoi stessi idoli.
E se dall’altra parte di quello stesso, bizzarro, mondo 4 tizi in tutine luminescenti e zeppe vertiginose chiamati ABBA dominano le scene con musica glam cantando in americano transazionale…
Nelle Grande Mela la poetessa, tanto cara anche ad Allen Ginsberg, è in grado di riesumare le lezioni migliori del passato e renderle contorno eterno di storie che non intendono finire.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Elisa Mauro)