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Panta, una band romana agli Abbey Road Studios: Episodio 3

Panta, una band romana agli Abbey Road Studios di Londra: Episodio 3

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Si conclude il racconto in 3 puntate dell’avventura dei Panta a Londra!

In esclusiva vi facciamo entrare con la band romana capitanata da Giulio Pantalei negli studi di registrazione più famosi del mondo, dove i Panta hanno inciso il nuovo disco che si preparano a pubblicare.

Giulio ci ha regalato questo bellissimo diario di bordo dell’esperienza appena conclusa in Inghilterra da parte del suo gruppo e assieme a voi riviviamo tutte le emozioni che hanno portato i Panta in alcuni dei templi più sacri della musica rock mondiale.


Day 3-4: Abbey Road

Siamo talmente entusiasti di questo sogno a occhi aperti che appena svegliati la stanchezza della sera prima sembra svanita di colpo.

C’è (strano) il sole e quando compare in una città così piovosa sembra già di per sé un’occasione di festa.

Paolo (Violi, il producer del disco, ndr) ci aspetta di sotto e da dove alloggiamo arrivare a St. John’s Wood è un’amena passeggiata di un quarto d’ora.

In cui cerchiamo di assorbire tutte le energie di questa inaspettata e potente sunlight che rende ancor più lucente il bianco latte delle case.

So che i ragazzi non sono mai stati ad Abbey Road prima e mentre ci avviciniamo percepisco l’emozione montare sui loro volti.

“Eccole, quelle strisce”

Il flusso della gente con le macchine fotografiche aumenta di colpo e la band capisce che ci siamo quasi.

Curva a destra.

Eccole, quelle strisce.

Piene come sempre di turisti intenti a far foto durante l’attraversamento.

Sulle pareti che fanno da basamenti ai cancelli che circondano gli studi, quelle tutte colorate e piene di scritte da ogni parte del mondo, svettano 2 graffiti che urliamo silenziosamente anche noi dal di dentro: #stopwar #givepeaceachance.

[Leggendo queste frasi, prima di entrare penso che in termini di Zeitgeist la musica rock nel senso più lato e più puro – cioè quando non fatto a tavolino o come mero intrattenimento o poserismo – sia stata la risposta degli esseri umani a 2 guerre mondiali, come colonna sonora ufficiale dei Flower children, del ’68, dei movimenti pacifisti, delle controculture, delle battaglie per i diritti civili e politici, per le battaglie LGBTQ, del disgelo, di tante piccole e grandi rivoluzioni private e collettive nella vita delle persone. Il rock è condivisione e unione. All you need is Love. E d’amore e pace ne serve al mondo forse ora più che mai]

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L’ingresso nel Tempio

Sul cancello nero sono affissi 2 grossi cartelli “NO ENTRY. Abbey Road Studios is closed to the public”.

Perciò fa sempre un certo effetto vederselo aprire ed entrarci mentre turisti e passanti ti guardano curiosi chiedendosi che diamine tu possa essere.

I sorrisi sui volti di Davide, Giordano e Libero all’ingresso sono qualcosa che difficilmente dimenticherò.

Saliamo le sacre scalette.

Apriamo la sacra porta.

Welcome, you must be the artists!” ci dice la sorridente ragazza alla reception.

I 3 studenti-assistenti che collaboreranno con Paolo per la giornata sono giù in studio che ci aspettano. Gli strumenti che ci servono sono già tutti a disposizione.

Ma chi mai avrebbe potuto anche solo immaginarlo nelle più ardite fantasticherie quando abbiamo messo su questo progetto nel 2016.

Io e Davide ci abbracciamo, increduli e quasi commossi.

Se siamo arrivati qui un motivo deve esserci.

Anche se la musica e l’arte italiana non lo sa, intanto lo sappiamo noi.

Magari non lo saprà mai, beh, comunque lo sapremo per sempre noi e questo già basta.

Nani sulle spalle dei giganti

In studio ci aspettano Ollie Chandler, Calvin Rogowski e Nick Olofsson, che ci accolgono e ci fanno sentire subito a casa.

Paolo li ha preparati per la session e si dimostreranno ingegnosi e brillanti lungo tutto il corso della giornata.

Nella control room “abbraccio” nuovamente quelle mura bianche, rosse e nere e quella splendida Neve che citavo nell’Episodio I.

Mentre nella live room ammiriamo tutti la batteria cromata e scintillante messa a punto per Libero, microfonata e disposta come da indicazioni.

Sembra quella di John Bonham, manca solo il gong dietro.

Il pianoforte nero a muro è aperto e ha sempre un’eleganza innata: ci servirà durante le registrazioni, sotto le preziose mani di Paolo

Mentre finiscono tutti i preparativi andiamo con gli altri a fare un giro per l’edificio: non si possono far foto – e giustamente – all’interno; perciò, ci stampiamo le immagini nella mente.

Nei corridoi sono appese le locandine dei film le cui colonne sonore sono state registrate lì, da “Star Wars” a “Harry Potter“. E le pareti sono tappezzate di fotografie di tutti gli artisti che hanno inciso in quelle stanze.

Sembra un museo pieno di quadri preziosissimi, come fosse la Tate Britain o gli Uffizi.

Ma con la differenza che lì le opere non le espongono solo alle pareti ma le continuano anche a produrre, giorno dopo giorno.

Ci sentiamo piccolissimi, ovviamente, nani sulle spalle dei giganti.

Standing on the shoulder of giants.

Rientriamo in studio, colmi di ispirazione, e iniziamo a registrare.

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Le foto della vita

Verso le 4 arriva una super fotografa romana di stanza a Londra a fare qualche scatto della nostra sessione, Chiara Ceccaioni (https://www.chiaraceccaioni.com/), un’altra delle belle sorprese umane e professionali della nostra trasferta.

Ho visto le sue foto, è un vero talento.

E quando le vado ad aprire il cancello, nonostante sia abituata da tempo a lavorare con grandi artisti e grandi venues, riesco a percepire distintamente anche la sua emozione nell’entrare ad Abbey Road per la prima volta.

La prima foto devo chiedertela io in realtà su queste scalette”, mi dice, “perché la devo assolutamente inviare a mio papà“.

Non crederà mai che oggi lavoro qui, dove hanno fatto i suoi dischi preferiti!”.

Prima di entrare in studio, prendiamo un tè nel giardino interno riservato a staff e artisti – altro posto incantato tipo “Il giardino segreto” –, ci raccontiamo brevemente quali sono le connessioni che hanno portato le nostre vite artistiche a Londra.

Parliamo la stessa lingua, ci troviamo subito.

Entra e da professionista qual è coglie di take in take su pellicola l’essenza di ognuno di noi, all’opera in studio. 

Finite le registrazioni andiamo a fare le foto di gruppo fuori, all’ingresso. Le foto della vita.

A presentarmi Chiara è stata un’altra ragazza però, Mary Lauria (https://msha.ke/queen_of_nonsense/), anche lei una creativa e ormai londinese, estimatrice dei Panta fin dagli inizi nonché come noi beatlesiana e gallagheriana to the core.

A Mary abbiamo dato un appuntamento per una birra post-registrazioni ma vorrei farle una sorpresa: la invito a raggiungerci in studio.

Quasi non ci crede nemmeno lei e il suo gioioso stupore è un’altra delle cose che senza dubbio mi porterò da questo viaggio.

Finita la sessione andiamo di nuovo al bar degli Studios e offriamo subito un giro a tutt*, it’s on the band.

Quando ci ritroviamo tutti insieme con una birra in mano a fare un mega brindisi di fine lavori della giornata, con le foto dietro appese alle pareti raffiguranti immagini tipo i Beatles che pranzano esattamente lì o Maria Callas con un drink in mano.

Mentre tutti parlano amabilmente scherzano e sorridono, provo una sensazione che definirei semplicemente ESTASI.

And in the end, the love you take is equal the love you make.

L’abbiamo messo tutto dentro questo nuovo disco.

Non vediamo l’ora di farvelo ascoltare.

The Parallel Vision ⚭ ­_ Giulio Pantalei)

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