Lammazzacaffè: Louie Louie and me

Ci sono gli anni che sanno fare sul serio. Che sanno ricordarti che la vita esiste anche quando tutto intorno sta morendo perché la vita è quella cosa che solletica simpaticamente lo strato più coriaceo della tua pellaccia.
Esattamente come sa fare la musica, se la sai ascoltare.
Un anno che seppe fare sul serio fu il 1963. Segnatevelo: millenovecento e sessantatrè.
Uno di quegli anni che infrangono le regole vigenti per stabilirne di nuove e ti convincono a fidarti di salire su una zattera che andrà giù a fondo, ma se suoni o canti o fischi, o immagini di fare tutto questo, quasi non senti il rischio.
Il 1963, quindi. L’anno in cui le 4 letterine di Cuba furono rese illegittime dall’America, mentre in Alabama s’incazzavano migliaia di neri finalmente stanchi di subire la segregazione e in Italia brillavano i dinamitardi mafiosi e la politica del malaffare impennava.
La musica, ci hanno insegnato a considerarla altro rispetto al contesto in cui si diffonde. Sbagliato. Sbagliatissimo.
La musica è la vibrazione stessa del contesto in cui nasce. E si mimetizza bene ovunque. Sa ricreare l’atmosfera dell’epoca. Affacciarsi a quella successiva.
Sa ribaltare un’epoca, proprio come fa la rivoluzione.
La musica non è altro che la variante migliore e decisamente più riuscita di una rivoluzione.
Nel 1963 la gioventù ballava sulle note ossigenate dei Beach Boys.
La musica era quella spensierata dell’estate perenne, dell’estate nel cuore, della bellezza che s’infrange contro i flutti. Ma non solo.
Esisteva, e sbancava, musica che serviva a far riflettere.
Il 1963 era anche quello di The Freewheelin’ Bob Dylan. Un’annata particolarmente importante per la coscienza.
La mastodontica, bulimica, coscienza civica americana che prendeva a gonfiarsi come un corpo curato dal cortisone ogni volta che il buon country o il blues la facevano da padroni.
E in questo frastuono di voci e aneliti di note si inserirono i Kingsmen, un loro brano in particolare, non letteralmente loro, una cover da loro interpretata: “Louie Louie”.
Definita “la madre del Rock and Roll”, questa canzone appartiene per patria potestà a un cantautore afroamericano in stile R&B, di quelli autentici: Richard Berry.
Esistono 1200 versioni accreditate di questo brano. Nel 1964 uscì quella bellissima di Otis Redding. Clamorosa fu invece quella di Frank Zappa suonata nel 1967 a Londra con l’organo della Royal Albert Hall, che altri non conosceva se non Johann Sebastian Bach.
“Louie Louie” è la narrazione di un marinaio giamaicano che torna all’amore della sua vita.
Ma interpretata da Jack Ely, il frontman dei Kingsmen, sembra piuttosto il verso biascicato di un probabile starnuto di un ubriaco.
Con quel modo unico e irriverente di rendere omaggio a tanta poesia – seppur semplice e prevedibile – il brano, così come fu interpretato dalla band di Portland, anche grazie ai riff analgesici che seppero crearci sopra, fu reso mito.
Incredibile, vendutissimo e riprodottissimo mito.
Ma non ebbe vita facile, come ogni vita che si rispetti, e dopo pochi mesi dalla sua programmazione radiofonica, il testo fu messo al bando e assicurato alla giustizia che decise di utilizzarlo per scopi investigativi.
Fu un certo procuratore di nome Robert Kennedy che mise sotto indagine “Louie Louie”. Cosa ne volessero cavare da quella corda stonata i tizi dell’FBI non fu mai compreso.
Il brano di Richard Berry era reso ormai incomprensibile con quei lamenti umidicci e ruminanti dei Kingsmen.
Forse fu solo il successo scatenato a procurare l’allarme: il solito dito, insomma, che punta alla luna e non si accorge di essere il vero protagonista della storia.
L’AUTRICE
Ho scritto 10 romanzi – di cui 2 conclusi e pubblicati -, un corale, un musical, brani, articoli, interviste, pezzi, aforismi, memoranda, lapidari, fiabe e barzellette. Ho vinto qualche premio e ricevuto un po’ di applausi. Poi ho smesso di fumare e ho perso l’appeal, come Vasco da quando non si droga più. Ghost writer di “writers” più famosi. Questo rubrica la dedico a tutti. A tutti quelli che amano l’aroma del caffè mischiato al sapore alcolico dell’inchiostro sul moleskine.
Elisa Mauro
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