“Into the Flow” (Believe Digital) è il suo nuovo disco e non potrete fare a meno di rimanere avvolti dal flusso di emozioni che la combattiva cantautrice Nathalie ha declinato in ognuno dei brani presenti nel suo terzo album. Ogni pezzo contiene una cifra stilistica originale e l’insieme compone un disco al contempo vivace ed intenso. Dopo una lunga pausa durata quasi 5 anni, la voce dolcemente graffiante dell’artista romana, trionfatrice ad X-Factor nel 2010, torna a farsi apprezzare in tutta la sua pienezza e ne ho parlato con lei in questa interessante intervista.
Leggendo di te, della tua intensa crescita umana e professionale emerge come tu sia una donna e un’artista coraggiosamente testarda. Che ne pensi? Oggi sei ancora così?
Direi di sì! Sono inguaribilmente testarda perché la testardaggine, anzi meglio dire la caparbietà, è un modo di portare avanti le proprie idee, la propria visione. Nel mio caso essere testarda rappresenta uno dei pochi modi per resistere nella mia visione artistica. Io sono testarda e devo essere coraggiosa per necessità, ma non è sempre facile esserlo, perché è una scelta che si paga, che spesse volte non si rivela la più facile, almeno a livello pratico, materiale. Però, in realtà, a livello umano ed interiore sarebbe più faticoso non farlo, non seguire me stessa.
Dall’ultimo disco, “Anima di Vento” (Sony Music) del 2013 ad oggi, ascoltando “Into the Flow” la tua anima rock sembra aver trovato nuovo vigore!
Mi fa sempre sorridere la visione esterna dopo l’ascolto del mio lavoro perché mi rende consapevole delle diverse percezioni rispetto alla mia. Non posso dire di essere (ri)tornata o aver messo da parte certi aspetti. Semplicemente l’album decide da sé che direzione prendere. Stavolta avevo tantissima voglia di esplorare maggiormente un aspetto di groove, di ritmo, di rock in questo senso delle mie composizioni. Volevo divertirmi anche a scrivere cose che potessero essere piacevoli dal vivo e credo di esserci riuscita, perché io stessa mi diverto anche già nel farle in acustico, a volte… E diventa ancora più gioioso quando sono insieme a tutta la band!
Ascoltando con attenzione i brani del tuo ultimo album mi colpisce la differenza melodica fra le canzoni in inglese e quelle in italiano.
Le canzoni nascono nella lingua in cui poi normalmente vado ad inciderle e per lanciarle rispetto la loro natura. È vero che c’è differenza, la sento anche io. Sicuramente l’italiano mi porta più in direzioni intimistiche dove esploro e approfondisco maggiormente alcuni stati d’animo miei. L’italiano mi porta verso una composizione che si avvicina ad un qualcosa di più delicato, pieno di sfumature, più complesso. L’inglese mi porta ad essere spesso istintiva, ed essendo una lingua più “liquida” mi consente di essere libera a livello di espressività vocale, sporcare maggiormente la voce ad esempio. Con l’inglese mi diverto forse di più e si possono dire cose che in italiano non verrebbero da dire. L’italiano mi costringe ad essere molto più consapevole e curata in alcuni aspetti. “In a world of questions” è il brano che apre “Into the Flow” ad esempio ed è una canzone in cui parlo di passionalità, di quei momenti in cui due persone si conoscono e magari scatta la scintilla di passione anche legandola ad un aspetto sessuale. In italiano, a causa di un pudore, quasi, dato dalla lingua stessa, è difficile sentire parlare tanto nelle canzoni, nella letteratura o nella poesia dell’aspetto sessuale e questo condizionamento ce lo portiamo dentro un po’ tutti, chi più o chi meno, consapevolmente. Io mi rendo conto che con l’inglese è molto più immediato, mi diverte di più e mi sento più libera.
Il flusso che unisce i brani che compongono questo album cosa (in)segue?
Il flusso è qualcosa di naturale e per questo va assecondato. Non è una cosa razionale per il quale sei portato a dire “il filo conduttore sarà esattamente questo”. Il flusso è ciò che lega le canzoni fra loro in maniera del tutto naturale. Non c’è una spiegazione razionale ma c’è l’esigenza di seguirlo e soprattutto di non controllarlo troppo. Al massimo si può inquadrare qualcosa che in teoria è esplosivo, maggiormente incontrollabile come un fiume in piena!
Il video del singolo che ha preceduto l’album, “Smile-in-a-box“, si svolge all’interno di una scatola: è il flusso inquadrato in quel caso?
In realtà non avevo pensato a questa metafora! È interessante ogni tanto che mi arrivino delle interpretazioni esterne, a volte più interessanti di quello a cui si era pensato in origine. In fondo la bellezza di alcune canzoni è quando permettono di avere interpretazioni diverse del loro significato, come nei sogni: tema che mi appassiona personalmente moltissimo. Io stessa posso interpretare un mio brano in mille modi diversi nel corso del tempo. È una scoperta continua. La scelta di “Smile-in-a-box” come singolo è una decisione condivisa con altre persone: è un brano che rispetto al mio passato, o almeno rispetto a come sono stata percepita fino ad ora, ha un aspetto ludico all’interno del quale c’è sì un significato, ma che arriva con più leggerezza, almeno formalmente. Mi piaceva l’idea di stupirmi io, di stupire gli altri senza arrivare sempre e solo in maniera squisitamente interiore o più intensa.
Dicotomia che invece appare forte se ci fermiamo ad osservare la copertina del disco.
Sì, decisamente. Insieme alla fotografa Marta Petrucci abbiamo concepito insieme questa idea di stare sott’acqua. Io ero realmente immersa ed è stata un’avventura questo photo shoot, molto difficile e duro perché era inverno e l’acqua, per una serie di motivi, era fredda. Superare anche questa prova, così come tutte le prove, è la metafora racchiusa nell’intero album. Il flusso procede in modo molto sotterraneo, proprio ritornando al discorso “cosa lega le canzoni fra loro”. È un flusso celato che non emerge facilmente. E lo dedico alla forza delle donne. “Into the Flow” è un disco acquatico, al femminile: la sua forza magari non si vede da subito ma poi arriva con vigore in un modo o nell’altro.
La cosa che ti ha dato più soddisfazione di questo nuovo lavoro?
Il fatto di aver preso in mano parte delle produzione seguendo e rispettando quella che era la direzione da me avviata. In questo caso il lavoro grande non si è fermato solo alla fase di scrittura e composizione del brano ma è proseguito nella fase dell’arrangiamento che per me è fondamentale e quello che avevo in testa è ciò che poi sono riuscita a realizzare.
Prossime date?
5 agosto – “Non il solito festival” – Trasacco (AQ)
8 agosto – “Imperia Musicale” – Imperia
23 agosto – ‘Na Cosetta Estiva – Roma
Possiamo applaudire anche la tua vena teatrale nel video del singolo!
Mi sono divertita tantissimo a interpretare tanti personaggi! In generale sono appassionata di teatro e recitazione, è un lavoro incredibile e molto intenso. Ho un grande rispetto per chi ci lavora da una vita: dal canto mio, invece, io mi reputo un’apprendista… Mi affascina da sempre, da quando sono bambina, tanto che come passione è arrivata persino prima della musica. In passato per un po’ ho anche fatto parte di una compagnia di musical, all’università ho studiato Lettere indirizzo Spettacolo e da qualche anno seguo un corso di teatro con il regista Guido Governale.
Perché hai poi scelto la musica e non il teatro?
Il teatro per me è un momento più di esplorazione. Io sono molto timida in realtà e la musica mi permette di sentirmi realmente libera di esprimermi. Il teatro di prosa mi ha sempre creato più inibizione, essendo riservata, per quello in passato avevo optato per il musical. Ultimamente invece sto affrontando proprio la prosa… Bisogna sempre superare i propri limiti!
Tu sei una donna ed artista molto riservata e discreta. Di recente però ti sei lasciata andare ad alcune importanti riflessioni sull’utilizzo dei social e circa l’importanza dell’educazione alle emozioni. Ti va di condividere la tua bella analisi?
Negli ultimi anni ho a volte evitato di esprimermi su alcuni argomenti, perché notavo che spesso sul web si tende a non dialogare davvero, spesso ci si ferma alla contrapposizione di due punti di vista, invece di un confronto rispettoso. Inoltre molti dimenticano che dall’altra parte dello schermo c’è una persona reale, con una propria sensibilità. Ho assistito tante volte a lapidazioni mediatiche o sui social e le ho anche a volte vissute.
In questo periodo ho notato uno spiacevole aumento dell’aggressività sui social, sicuramente uno specchio dei tempi: tutto è molto veloce, superficiale, si tende ad esprimere giudizi affrettati su eventi e persone, si respira molta rabbia e frustrazione… I social diventano spesso valvola di sfogo.
Ultimamente ho sentito quindi l’urgenza di parlare in maniera costruttiva della comunicazione sui social e dell’esigenza di una educazione alle emozioni: c’è bisogno, a mio avviso, di una educazione emozionale, cioè dare un nome, una mappatura ai sentimenti, alle emozioni che proviamo, a riconoscere il valore del bello! In questo la musica e tutte le arti sono uno strumento potentissimo, la scuola dovrebbe dare molto più spazio e valore alle arti, alla creatività e alla rilevanza e alla diversità di ogni individuo, ai talenti di ognuno. Da molti anni ho in mente un progetto legato alle arti, alla sperimentazione diretta del “creare”, c’è proprio bisogno di questo tipo di iniziative. È un sogno che vorrei realizzare!
Concludendo, la parola chiave che vuoi dedicarci per questa nuova estate!
Leggerezza, però quella bella! Quella che ci insegna Italo Calvino! “Prendete la vita con leggerezza. Che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. […] – Italo Calvino, “Lezioni americane“, 1988.
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