Centinaia di luoghi abbandonati, decadenti, dimenticati. A Roma come in tutta Italia. Fabbriche, vecchie abitazioni, strutture ospedaliere, cartiere, acquedotti, oleifici. Spazi completamente usciti dal radar delle amministrazioni pubbliche che potrebbero essere utilizzati in mille modi e riconvertiti in centri di cultura e aggregazione. “Luoghi Dismessi Project” nasce per pura curiosità e diventa in poco tempo un progetto fotografico che racconta un’eredità ricchissima ma divenuta ingombrante a causa di incuria e disinteresse.
Maritza e Massimiliano, i due creatori di “Luoghi Dismessi“, hanno invece preso molto a cuore la faccenda.
Seguo il vostro progetto da qualche mese, ma in realtà l’idea quando nasce?
Insieme a Massimiliano è circa un anno che abbiamo iniziato, per nostra curiosità relativa alla mappatura dei luoghi abbandonati, queste “escursioni non convenzionali”, come le chiamo io. Abbiamo cominciato dalla Riserva Naturale della Marcigliana e dopo un anno di queste esperienze e aver raccolto un bel po’ di materiale mi sono detta che avrei potuto condividerlo per creare una community, far vedere delle realtà che di fatto ci sono ma che sono dimenticate o sconosciute. Immagino sempre che tra il pubblico che segue la nostra pagina ci siano persone che sono a casa e per motivi personali e legittimi non superano mai il limite. In un certo senso noi facciamo vivere un’esperienza che va un po’ “oltre”. Quello che raccontiamo, di fatto, caratterizza ogni città. Noi nello specifico raccontiamo Roma, che è pienissima di luoghi dismessi.
Quindi non c’è stata una finalità iniziale.
Assolutamente no, siamo partiti spinti da una nostra curiosità. Poi sai, questo è un progetto dichiaratamente fotografico perché alla fine è quello che io faccio. La finalità è venuta dopo, c’è stato un pensiero a posteriori. Ad oggi io lo definirei un progetto a fini documentaristici legati ai luoghi dismessi.
E ad oggi, la Pagina Facebook è cresciuta tantissimo.
Da quando è partita, a gennaio 2018, siamo arrivati a quasi 2700 persone che ci seguono. E poi ci mandano tanto materiale! Io dico sempre al pubblico di condividere le foto o i video che possiedono legati ai luoghi dismessi e c’è tantissima risposta. Questo è molto appagante per un progetto che è nato da pochissimo, “dal basso” come si dice di solito. È un percorso in cui credo e lo vedo in crescita, poi magari ci vorrebbe anche l’aiuto delle istituzioni…
Tu ti sei fatta un’idea di quanti luoghi dismessi ci potrebbero essere qui a Roma o intorno alla città?
Su Roma saranno sicuramente centinaia tra luoghi piccoli, medi e grandi.
Qual è stato il luogo che vi ha emozionato di più?
L’ex fabbrica di penicillina Fleming, sulla Tiburtina. Una struttura enorme e ricchissima di tante cose. Lì ti si apre proprio uno scenario particolare e affascinante. Ci sono stanze dove ancora trovi tantissimi medicinali che non sono stati smaltiti e infatti questa la classifico come l’esperienza più “hard” che abbiamo fatto. Abbiamo addirittura trovato un boccione di cloroformio pieno! Oltre a questo, comunque, ci sono dei murales bellissimi tra cui uno stupendo che riproduce “I mangiatori di patate” di Van Gogh. Quando siamo arrivati lì è stato davvero emozionante. In mezzo a quel degrado e alle baracche, là dentro c’è una cosa del genere. E poi un altro posto che mi è rimasto nel cuore è la Marcigliana, dove anche lì ci sono tantissimi murales di grande livello. Oltre a tanti segni del Softair (una guerra simulata basata su tattiche militari in cui si utilizzano armi ad aria compressa che sparano piccoli pallini di plastica biodegradabili di vari colori, ndr)! E visto che ogni volta che ci lanciamo nelle nostre escursioni vogliamo vedere il panorama dal punto più alto, per non farci mancare nulla saliamo sempre sui tetti.
Nessun resto di rave party o di messe nere??
Guarda, queste sono più che altro leggende. Però troviamo spesso dei bambolotti impiccati! Una cosa che ha comunque il suo fascino, ma in realtà questi luoghi servono da set per book fotografici, sono scenari molto ricercati in questo senso. Poi magari qualcos’altro si farà… Ma io non ho mai trovato niente. A parte i bambolotti impiccati alla Marcigliana e all’ex Oleificio della Magliana!
Ho visto comunque che avete avuto riscontri non soltanto dall’Italia.
Assolutamente sì. Tra tutte quelle che abbiamo ricevuto, la foto che mi ha emozionato di più è stata quella di un ragazzo che, dall’Alaska, ci ha mandato un’ex caserma militare. Poi ne sono arrivate anche dalla Polonia, dall’Ucraina… Tutto questo è fantastico perché potrebbe diventare una mappatura globale! In Italia invece i più “focosi” sono senza dubbio i sardi! Cartiere, vecchie dighe… Foto bellissime. Ed è emozionante pensare che tutto questo sia successo solo attraverso una Pagina Facebook! Che tra l’altro, almeno sul territorio laziale, è l’unica che esiste relativa al tema dei luoghi dismessi.
Resta il fatto che rischiate parecchio perché l’accesso a questi posti non è sempre consentito, nonostante siano abbandonati e decadenti.
Diciamo che siamo al limite tra legale e illegale. Oltre ai rischi in sé delle strutture fatiscenti. Una “decadenza” in tutti i sensi! Il rischio ce lo assumiamo perché in effetti non potremmo andare… Ma noi lo facciamo lo stesso. Fino ad ora è andato tutto bene a parte a Calatrava, perché è sì un luogo abbandonato ma in realtà è un cantiere aperto e quindi c’è la vigilanza. Lì ci hanno beccati dopo 20 minuti, ma poi ce la siamo cavata dicendo che avremmo cancellato tutte le foto. Cosa che poi ovviamente non è stata fatta!
Le persone che vivono in questi territori, se ce ne sono, come vi accolgono?
In realtà, a parte le persone che sono accampate lì, non c’è quasi mai nessuno. È capitato poco perché siamo sempre abbastanza lontani dal centro. Alla Fleming, ad esempio, abbiamo incontrato degli immigrati che vivono lì e ti metti a fare due chiacchiere, vedi le condizioni in cui vivono e insomma, ti fai due domande. C’è veramente un mondo sommerso. A prescindere dalla nostra documentazione, ci sono tantissime persone che occupato questi luoghi. E noi andiamo sempre in punta di piedi e non facciamo mai foto alle baracche in cui vivono per una sorta di rispetto.
Quando arrivate per la prima volta in un luogo dismesso, quale sensazione avete?
Proviamo sempre un piccolo shock. Ma soprattutto sento l’adrenalina mista alla curiosità. Poi quando entri e cominci l’esplorazione è un’emozione continua: paura, senso del pericolo… Però è sempre un qualcosa di nuovo. Per me è la “vera” scoperta, perché non so mai cosa posso trovare, nel bene e nel male. E vale la pena correre qualche rischio per una cosa così affascinante.
Secondo te, di tutti i luoghi che avete visitato, quanti sono realmente recuperabili?
Molti sono proprio ruderi. Però ad esempio una parte della Fleming, che è una struttura immensa, sicuramente sì. Forse anche una porzione della Marcigliana e dell’ex Oleificio. Oppure anche alcuni più piccoli che si trovano a Pomezia, nella mia zona. Se le istituzioni si muovessero per riconvertire questi spazi in luoghi di attività, di interesse comune, di aggregazione secondo me molti potrebbero essere recuperati.
Mi hai bruciato l’ultima domanda: il classico messaggio alle istituzioni.
Questi luoghi non sono solo abbandonati, ma sono sprecati. Vorrei si desse attenzione a tutti questi posti dimenticati, dove ci vanno solo fotografi o writers. Chiederei al Comune o alla Regione di farsi un giro da quelle parti per capire come riconvertire e riutilizzare gli spazi in maniera creativa e questo potrebbe avere dei risvolti positivi per la città, invece di investire soldi altrove. Di problemi a Roma ce ne stanno tanti e forse questo è l’ultimo dei pensieri da parte delle istituzioni. Però…
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(© The Parallel Vision ⚭ _ Paolo Gresta)