“Saved“, diretto da Gianluca Merolli e tradotto da Tommaso Spinelli, rappresenta il qui ed ora del teatro che non vuole insegnare nulla ma indaga senza retorica le paure, impedendoci di fingere di non essere in grado di (ri)conoscerle.
Uscire da teatro e provare rabbia, incredulità e stanchezza. Tutto questo non per aver assistito ad uno spettacolo mediocre. Esattamente il contrario. Le sensazioni descritte sono il frutto di due ore ad altissima tensione emotiva racchiuse in un lungo e costernato applauso al termine di “Saved”, portato recentemente in scena al Teatro Vascello.
Scritto da Edward Bond e presentato in anteprima al Royal Court Theatre di Londra nel novembre del 1965, “Saved” è un dramma della coscienza che non lascia spazio al lieto fine. C’è una fine. Ma la felicità è relativa, così come lo è scegliere di salvarsi o meno ogni giorno.
La forte denuncia sociale dello spettacolo e la gravosità drammaturgica resero la vita di questa opera piuttosto complessa, ma allo stesso tempo le permisero di divenire un mezzo per combattere definitivamente la censura del teatro londinese nel 1968.
Riprendere in mano questo spettacolo è stata una scommessa davvero coraggiosa che Gianluca Merolli, grazie ad una regia convincente e coinvolgente, ha vinto senza ombra di dubbio.
Il palco ospitante è stato quello del Teatro Vascello. È importante sottolineare come nel teatro, la scelta del posto giusto aiuti a rendere migliore la resa di una perfomance. Il Vascello permette, grazie alla sua struttura architettonica, un’inversione di prospettiva per la quale lo spettatore quasi si trova a sovrastare lo spazio del palcoscenico, particolarmente ampio.
Giocando su questa caratteristica, la scenografia a cura di Paola Castrignanò diviene parte fondamentale dell’intera piéce: un nucleo scomponibile che si raccoglie e si disperde come le parole ed i gesti raccontati dai protagonisti in scena. Tutto parla in questo spettacolo. Tutto stravolge, tutto ferisce.
La storia racconta la vita e le disillusioni di una famiglia e di un gruppo di amici. Siamo nel 1965 in una possibile periferia londinese dove non c’è traccia di voglia di riscatto ma solo di sopravvivenza al limite del non saper vivere. Tutti i protagonisti sono legati fra loro da un unico tragico episodio: l’omicidio di un neonato.
La lunga, lunghissima scena dell’omicidio è la punta estrema di una tragica parabola, metaforica denuncia di una condizione tristemente attuale: abbiamo distrutto l’innocenza.
Lo permettiamo ogni volta che non rispettiamo noi stessi e gli altri, ogni volta che illudiamo i nostri sogni ed i nostri obiettivi impedendo loro di realizzarsi, cullati da sciocchi alibi ai quali diamo il nome convenzionale di “problemi”. Distruggiamo l’innocenza ogni volta che lasciamo che perbenismo e conformismo addomestichino le passioni che ci spingono a superare noi stessi ed i nostri limiti. Non è forse quest’ultima l’unica strada che abbiamo per smettere di macchiarci del sangue dell’innocenza perduta?
Accontentarsi non è mai una scelta. Lo traducono in scena con gesti e dialoghi importanti tutti i bravissimi attori coinvolti. Non c’è in “Saved“ un ruolo principale ed uno secondario. Esiste un lavoro di squadra che rende l’insieme incredibilmente realistico e che porta i nomi di Francesco Biscione, Manuela Kustermann, Lucia Lavia, Gianluca Merolli, Marco Rossetti, Antonio Bandiera, Carolina Cametti, Michele Costabile, Marco Rizzo, Giovanni Serratore. Si vive una volta sola. Ci si salva ogni volta che si sceglie la vita.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Raffaella Ceres)