Vi avevo parlato di lei la scorsa estate, quando il suo “Principesse e Sfumature” esordiva al Fringe Festival di Villa Ada – Roma incontra il mondo. E probabilmente ho fatto bene, visto che poi Chiara Becchimanzi ha vinto il Premio Comedy per il suo testo ironico e brillante ed è stata candidata a quello di miglior attrice in assoluto del festival. Se vi siete persi questo spettacolo divertentissimo ma anche profondo, che mescola le tamarrate degli anni ’90 con temi di attualità delicatissimi attraverso una scrittura fresca ed incisiva, Chiara sarà al Teatro Trastevere di Roma dall’8 all’11 dicembre. E io ci ho scambiato 4 chiacchiere proprio in previsione dell’evento.
Ascoltiamola.

Chiara, “Principesse e Sfumature” è un testo del 2015, ma tu quando hai cominciato a pensarlo?
Lavorando con il gruppo di matti del Social Comedy Club di Daniele Fabbri! Prima non avevo mai pensato di fare pezzi comici in solitaria: lavoravo sempre in team. Per i primi pezzi mi ispiravo infatti alla letteratura comica femminile. Poi però, sollecitata da amici, colleghi e parenti, ho iniziato a pensare di poter scrivere delle cose che pensavo io, del mondo femminile. Contemporaneamente, la mia psicologa mi ha “abbandonato” e quindi ho cominciato a scrivere proprio quando ho interrotto la terapia. In qualche modo l’ho proseguita con questo testo, immaginando con pretesti comici quello che lei mi avrebbe potuto chiedere.
Quanto tempo ci è voluto a finire il testo?
4-5 giorni. Però rispetto alla prima stesura, il lavoro di palco l’ha trasformato in tutta un’altra roba! Ogni pezzo ha una sua storia, in realtà. L’idea “ancestrale” dello spettacolo viene da mia mamma, che mi ha passato gli spunti letterari a cui ho accennato prima. Questo per me è stato importantissimo, ai miei genitori devo davvero tutto. Come sono, il fatto che sia capace di adattarmi e di sopravvivere in questa nostra generazionale situazione di precarietà. Tutto!

Ho letto sul tuo blog che definisci questo spettacolo come “in grande rapporto col pubblico”. Le reazioni degli uomini e delle donne come sono state? Cosa ti hanno detto, quando l’hanno visto?
La cosa più bella che mi è successa è stata una ragazza che a Belluno è scoppiata a piangere e ha detto: “È proprio così. Io faccio sempre così. Non mi sento mai abbastanza“. In una scala di reazioni ideali, questa è stata il massimo. Dopodiché, alcune donne l’hanno definito geniale, mentre gli uomini ridono tanto, ma un po’ imbarazzati. Soprattutto se sono accompagnati, controllano se la compagna ride veramente, in particolare durante il pezzo dei consigli sessuali, dove sono molto in ascolto! Durante una replica al Teatro del Lido di Ostia, un uomo ha detto: “Se qua ridono tutte, se dovemo fa’ due domande!“. Comunque la forza di questo spettacolo è che raggiunge un po’ tutti, ma il senso profondo lo colgono più spesso le donne.
Al Fringe 2016 hai vinto il Premio Comedy e hai anche rischiato di vincere quello come miglior attrice. Come prima esperienza al festival non è stata male, insomma.
Guarda, non ho potuto vivere il Fringe come avrei voluto perché i mille impegni di lavoro che avevo non me l’hanno permesso. Avrei voluto vedere tutti gli spettacoli, respirare l’aria del festival, conoscere tutti gli altri gruppi… Quindi non ti posso parlare del Fringe al di fuori di quello che è stato per me e per lo spettacolo, cioè un’occasione per testarmi con un pubblico completamente sconosciuto e lontano dai miei circuiti canonici, cosa che non mi era accaduta prima con “Principesse e Sfumature“. È stato importante lavorare in una situazione non protetta, perché lì può accadere qualsiasi cosa! Quindi una bella gavetta, proprio quello che volevo.

Durante lo spettacolo fai tanti riferimenti agli anni ’90.
Ci sono senza volerlo. Ho avuto un’infanzia un po’ complicata, in quegli anni, perché ero molto diversa da adesso e oppressa da tutti i modelli femminili che c’erano. Ero grassa, con l’apparecchio, secchiona… Non ero popolare, ecco! E mi ricordo di Topazio, con la sua rassegnazione, come uno dei modelli più sbagliati. Ma la cosa più fondante rispetto agli stimoli dell’infanzia è quella sul gioco della felicità di Pollyanna. Per il mio sviluppo psicofisico, quello fu un punto cardine. Più che gli anni ’90 in generale, quindi, l’argomento vero è quello della bambina cresciuta negli anni ’90.
Quanto c’è di autobiografico, nel testo?
Tutto. però molte cose sono portate a paradosso da una scrittura che ha questo, come obiettivo. Cioè, per capirci: non mi è mai capitata la scopata da 8 ore!

So che insegni teatro ai bambini. Tra insegnarlo e farlo, se un giorno qualcuno ti chiedesse di scegliere, cosa diresti?
(Silenzio). Farlo! Però l’esperienza con i bambini mi ha aiutata tantissimo. Loro sono una fonte continua di riflessione e tu, spesso, devi guardare il mondo con i loro occhi. Questo ti fa tornare alla dimensione del bambino interiore, che per un attore è una risorsa preziosa. E poi, molto praticamente, una volta che hai fatto lezione a 70 ragazzi delle medie tutti insieme per 4 ore, puoi realizzare qualsiasi cosa!
“Principesse e Sfumature” parla anche di femminicidio.
In realtà parte da questo. La dinamica uomo-donna, lei che si accontenta e che non si sente abbastanza, il sentirsi in “dovere” di essere una principessa sono concetti semplici ma che stanno dentro a noi e alle cose: negli stereotipi di linguaggio, lavorativi, sessuali ed emotivi che viviamo ogni giorno. Ed è facile che poi si passi a qualcosa di più grave. Io vivo ad Ostia, un municipio largamente interessato dalla violenza sulle donne. Come Michela, l’infermiera uccisa nel sottopasso di Acilia, e come molte altre. È da quando vivo lì (un territorio difficile ma pieno di impulsi culturali che amo profondamente, che ho scelto, nel quale la partecipazione si realizza in esperienze culturali e sociali uniche e fondamentali) che la tematica relativa alla violenza sulle donne (ma anche alla violenza e basta) mi tocca e mi brucia di più. Si crede di stare a un certo livello evolutivo e invece poi la società intorno è ancora anni luce indietro. Quindi forse ripartire dall’educazione dei bambini, maschi e femmine, può essere utile a capire su cosa riflettere.
Stai scrivendo qualcosa di nuovo?
Sì! Sto avviando una collaborazione con una persona molto carina e interessante che mi ha vista al Fringe, ma per scaramanzia ancora non dico nulla. E sto scrivendo le nuove cose che proverò al Social Comedy da gennaio in poi (forse anche da quello di Natale). In questo momento sono impegnata con un pezzo sugli assorbenti e le mestruazioni, un altro tabù molto grosso di questa società. E poi, siccome ho un sacco di disavventure da primo appuntamento con gente che ha fatto cose davvero indecenti, di cose da dire ne ho! E dalla leggerezza dei primi appuntamenti sto passando anche a temi più delicati come l’aborto, argomento che ho molto a cuore.
Starai per 4 giorni al Trastevere. Cosa ti aspetti dal pubblico del teatro?
Sarà una cosa ancora diversa, perché volevo provare a spingere un po’ di più la strada teatrale rispetto a quella della stand up comedy. Soprattutto dal punto di vista dello spazio, delle luci e degli oggetti di scena. Quindi qualche piccolo cambiamento ci sarà. Spero che venga tanta gente che ancora non l’ha visto, così posso imparare altre cose! Perché dal pubblico si impara, sempre.
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