Intervista: Sincera, pungente, nostalgica. Elettra si racconta
Tra pop, blues e rock, Elettra è arrivata il mese scorso all’esordio discografico con “14’ dentro la mia testa”, il suo primo Ep rilasciato da Alka Record Label che rappresenta “il risultato di anni di sacrifici, delusioni, gioie, porte chiuse in faccia, ma anche piccole altre che si sono inaspettatamente aperte“.
Un percorso fatto di tanti ostacoli ma anche di grandi gioie, spesso inaspettate.
Come quando Elettra scoprì di essere in dolce attesa qualche tempo prime della pubblicazione dell’Ep, prevista per la primavera del 2019.
Un piccolo differimento che alla fine è diventato “il motivo per cui vado fiera di questo disco“.
Perché “dentro c’è non solo un pezzo della mia vita, ma anche di tutte le persone che amo e che ho amato“.

Mi racconti da dove nasce la storia artistica di Elettra?
La mia storia artistica nasce relativamente tardi, verso i 17/18 anni e soprattutto per gioco.
Mi capitava spesso di unirmi ad amici per serate di piano bar e, tra una cantata e l’altra, proprio uno di loro mi disse che gli piaceva la mia voce e che avrei dovuto prendere lezioni di canto.
Semplicemente ho ascoltato il suo consiglio.
Inizialmente lezioni private senza troppe pretese e obiettivi, poi l’esigenza di fare sul serio.
Quindi mi sono iscritta all’Accademia Bottega del Suono, dove oltre al canto ho studiato pianoforte per 4 anni.
La scrittura, invece, c’è sempre stata nella mia vita, ho decine di quaderni pieni di pensieri, riflessioni, frasi di libri e poesie che amo.
Unire l’amore per la musica con l’amore per la scrittura è stato un passo inevitabile.
Parlami della tua musica: cosa ti piace proporre, soprattutto?
Mi piace proporre soprattutto me stessa.
Ho un modo di scrivere abbastanza istintivo e di getto, decisamente poco ragionato.
Molto probabilmente ho assimilato tutto questo ascoltando e cantando per anni musica blues.
Il blues ha delle regole non scritte che ti impongono di essere sempre te stesso, nel bene e nel male, di raccontare storie ed emozioni che hai vissuto sulla tua pelle.
Non riuscirei mai a cantare un brano costruito a tavolino.
“14’ dentro la mia testa” è il tuo primo disco. Di cosa si tratta e come hai lavorato sulle canzoni?
Sono 4 brani nati più o meno tutti nello stesso periodo, inevitabilmente legati e uniti da un sottile filo narrativo e temporale, e che scavano, ognuno con il proprio mood, nel mio passato, nelle emozioni, nei ricordi, nelle speranze e nelle delusioni, in tutto quello che mi ha reso ciò che sono.
Ci sono brani come “Maledetto” o “Vetro” molto intimi e personali, che sono rimasti chiusi per anni nel famoso cassetto prima che riuscissi a considerarli realmente delle canzoni.
In qualche modo sono cresciuti con me, di pari passo a una mia crescita spirituale.
Mentre “Ti auguro una cagna” e “In tangenziale” le ho scritte in 5, forse 10 minuti, completamente di getto.
Ti ritrovi nella definizione generica di “cantautrice”?
Per anni ho riso e sorriso ogni volta che mi trovavo a dire che ero una cantautrice, che vivevo di musica.
Questo perché non ci credevo neanche io, come se mi sentissi in imbarazzo.
Oggi amo dire che sono una cantautrice, ne vado fiera, mi sento proprio dentro questa definizione e per me è un grandissimo risultato personale in termini di autostima, generalmente molto scarsa (ride).

C’è un pezzo dell’album che, dopo averlo riascoltato, avresti voluto più tempo per migliorare e uno che invece porteresti con te sulla classica isola deserta?
“Maledetto” e “Vetro”, forse proprio perché sono i 2 brani più intimi dell’Ep, sono quelli su cui avrei voluto lavorare di più.
Entrambi, ma da diverse prospettive, raccontano tra le righe una storia molto forte e spiacevole, che probabilmente non ho ancora superato.
Quando le riascolto ho come l’impressione di non aver detto tutto. Chissà magari ci scrivo un’altra canzone.
Invece sull’isola deserta ci porto “Ti auguro una cagna”, non si sa mai dovesse naufragare anche un uomo! (ride)
Parlami dei collaboratori e dei musicisti coinvolti nel progetto. Che peso hanno avuto e quanto hanno inciso sul sound definitivo del tuo lavoro?
Se esiste questo Ep il merito è di Leonardo Angelucci, amico fraterno e cantautore pazzesco, conosciuto per caso grazie a un amico in comune a fine 2017.
Gli ho fatto ascoltare i miei brani, gli sono piaciuti e ci siamo chiusi per 6 mesi in studio a lavorare sulle pre produzioni.
In poche parole ci ha creduto lui prima ancora che ci credessi io.
È stato proprio Leonardo a presentarmi alla sua etichetta, l’Alka Record Label di Ferrara, con cui ho collaborato per le produzioni dei brani.
Ero musicalmente acerba quando ho conosciuto Leonardo, i miei pezzi erano voce e chitarra o piano e voce, non sapevo bene che strada musicale intraprendere.
Lui lo sapeva, come se ci conoscessimo da sempre.
Questo mi ha dato la possibilità di arrivare a Ferrara con le idee più chiare.
Poi con Michele Guberti, il produttore musicale, ci siamo divertiti a smontare e rimontare i brani.
Alcuni stravolgendoli completamente, come è stato per “Ti auguro una cagna”, nata in realtà come una ballad.
Altri arricchendoli di musica elettronica, molto lontana dalle mie radici musicali.
Mi sono affidata molto alla sua infinita bravura ed esperienza.
Da quanti anni fai la musicista? E da allora com’è cambiato il tuo modo di intraprendere iniziative artistiche?
Eh ridendo e scherzando sono quasi 10 anni, ma io considero il 2017 l’anno in cui è iniziato tutto o, per meglio dire, l’anno in cui è cambiato tutto, soprattutto la mia consapevolezza.
In questi 10 anni sono inevitabilmente cresciuta, so chi sono e cosa voglio, ma ancor di più so chi non sono e cosa non voglio.
Mi piace tenermi sempre attiva musicalmente, nonostante abbia appena pubblicato l’Ep sono già al lavoro su nuovi brani.
In più faccio parte di diversi collettivi musicali: insieme ad artisti e cantautori emergenti come me, organizziamo eventi, collaboriamo, ci supportiamo e ci aiutiamo a vicenda in questo difficile mondo.
Hai un pubblico-tipo?
Mmm non saprei, credo di no.
Dai feedback ricevuti in questi mesi ho notato che ad ascoltare le mie canzoni sono sia giovani sia meno giovani.
Probabilmente non ho ancora una fan base ben consolidata al di fuori di amicizie e conoscenze strette, inizialmente fondamentali per un’artista emergente, me la sto creando piano piano cercando di farmi conoscere il più possibile.
C’è una cosa che una musicista non deve mai fare e un’altra invece che va sempre fatta?
Bellissima domanda! Probabilmente sono un’inguaribile romantica e nostalgica, ma credo che un musicista, a maggior ragione un cantautore, dovrebbe sempre avere un contatto sincero, vero, onesto e diretto con il proprio pubblico, non solo attraverso i mezzi social.
Si, è vero, ora la musica è lì, soprattutto per noi artisti emergenti, ma non riesco a concepire questo sistema.
Artisti con 20mila followers che non hanno mai fatto un live lo trovo semplicemente assurdo.
Quindi meno social e più socialità.
L’emergenza Covid quanto ha inciso sul tuo lavoro?
Tantissimo.
Il primo singolo “Maledetto” è uscito il 10 marzo, se non sbaglio primo giorno di lockdown, che ha inevitabilmente compromesso e ridotto tutta la promozione.
L’estate è stata inaspettatamente produttiva, abbiamo suonato parecchio, soprattutto in provincia e sul palco del Calabria Fest a Lamezia Terme.
Ora eccoci di nuovo a fare i conti con limitazioni e chiusure dei live club ed un Ep che non potrò promuovere come avrei voluto.
Ho fatto giusto in tempo a suonare al Wishlist per il release party.
Dovrei prendere tutto ciò come un segno? (ride)
Parlami delle iniziative che hai in mente per i prossimi mesi
Avrei semplicemente voluto suonare il più possibile per far conoscere la mia musica ed il mio progetto.
Stavo cercando di organizzare, tra 1000 difficoltà, un mini tour in giro per l’Italia, ma il nuovo decreto ha bloccato tutto.
Sinceramente ora non so bene cosa farò, sono ancora troppo amareggiata e arrabbiata per capire quale sarà il prossimo passo.
Probabilmente impiegherò questo periodo di stop in studio di registrazione, inizierò a lavorare sui nuovi brani.
Dimmi un progetto artistico di cui vai particolarmente fiera
Molto banalmente vado fiera di questo Ep.
È davvero il risultato di anni di sacrifici, delusioni, gioie, porte chiuse in faccia, ma anche piccole altre che si sono inaspettatamente aperte.
Forse è la prima volta che lo dico in un’intervista: questi brani sarebbero dovuti uscire nella primavera del 2019, ma poco prima di scegliere la data d’uscita ho scoperto di essere in dolce attesa.
Notizia bellissima, ma completamente inaspettata, che mi ha messo davanti ad una realtà che non avevo previsto.
Ho deciso, quindi, di posticipare l’uscita, con la costante paura che questa uscita non ci sarebbe mai stata.
Invece il 9 ottobre 2020, in questo pazzo anno, è uscito il mio primo Ep.
Questo è il motivo per cui vado fiera di questo disco. Dentro c’è non solo un pezzo della mia vita, ma anche di tutte le persone che amo e che ho amato.
Mi descriveresti il lavoro artistico di Elettra con un accordo e con 3 parole?
Un bel C#m con basso di F#!
Sincero come il pop.
Pungente come il rock.
Nostalgico come il blues.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Paolo Gresta)