Musica

#Intervista: Il Viaggio in Italia degli AdoRiza – Valerio Buchicchio

Dalle radici greche di “radice” e “canto” si apre lo scrigno di AdoRiza, collettivo di 17 artisti nato dall’esperienza di Officina Pasolini, che si è costituito per mettere in scena, per ora, uno spettacolo sulla musica popolare dal titolo “Viaggio in Italia. Cantando le nostre radici”. Il progetto è diventato un CD-book edito da Squilibri Editore ed è stato presentato il 24 aprile nella Sala Studio Borgna dell’Auditorium Parco della Musica. L’obiettivo del collettivo è “ridare lustro a un repertorio musicale che ci appartiene in modo ancestrale e che rappresenta molto più di un bagaglio culturale della nostra tradizione”. Li abbiamo incontrati uno per uno nelle sale di Officina Pasolini e ci siamo fatti prendere dalla nostos-algia, raccontandoci le storie che abbiamo dimenticato.

Valerio Buchicchio, in arte Buva, ha lasciato il Tavoliere e la sua Cerignola per seguire la musica. Lì, però, nella sua radice, ripone tutte le speranze di un futuro migliore. Chiacchierando con lui abbiamo capito che, in fondo, il rapporto con la tradizione può risolversi anche in una questione spaziale e non solo temporale.

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Valerio Buchicchio (Foto: © Nuovo Metastudio)

Che cos’è per te una radice?
Una radice è un’origine e una meta allo stesso tempo. Tutto trae vita da una radice e spesso, come gli alberi che guardano solo verso l’alto, ci si dimentica di averne una che ci sorregge. Ma prima o poi tutto ritorna alla propria radice e citando la collega cantautrice Rita Ferraro, noi AdoRiza siamo un po’ “come alberi” che rivolgono finalmente lo sguardo verso le proprie radici.

Il tema del vostro spettacolo è il viaggio, la migrazione. C’è una frase di “La luna e i falò” di Pavese che dice “un paese ci vuole non fosse che per il gusto di andarsene via”. Tu ce l’hai un paese da cui sei andato via? E cosa ti porti appresso da quel paese?
Io provengo da un paesone di provincia nel tavoliere delle Puglie, Cerignola; l’ho lasciato per seguire la musica e non senza affanni. Mi porto dietro i sogni e i tarli della mia gente, le speranze di un futuro migliore che ripulisca l’immagine di illegalità troppo spesso ingiustamente associata alla mia città. Ogni viaggio che mi allontana da Cerignola in realtà mi riavvicina alle mie radici, perché aumenta in me il desiderio di ritornarci e so che prima o poi succederà.

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(Foto: © Susanna D’Alessandro)

La modernità, degli usi e delle tradizioni, della cultura di un popolo, se ne fa poco o niente. Il vostro spettacolo invece va nella direzione opposta: riportare a galla un lato della nostra cultura, e a metterlo in scena sono persone più vicine alla modernità che alla tradizione.
Più vicine alla modernità per pura ragione cronologica: nel momento in cui ci si confronta con il tempo tutto diventa collocabile e individuabile. Ma credo che questo progetto sposti l’attenzione più sul fattore spaziale, volendo coniugare ritmi e tradizioni provenienti da terre differenti. In un momento storico in cui certe tendenze politiche e culturali fingono di esaltare le radici per una sorta di tutela primordiale dei diritti di chi proviene da quelle stesse radici, “Viaggio in Italia” credo che sia un’opportunità sincera di integrazione, un piccolo esempio di come tutti siamo figli di una cultura ben più eterogenea di quanto si pensi.

Per certi versi la musica popolare potrebbe anche rappresentare la vera musica italiana: ha uno sviluppo tematico diverso, ha timbri diversi e metriche particolari, le canzoni nascono in forma orale. Per chi scrive canzoni, quanto è stato istruttivo confrontarsi con una materia di questo tipo?
L’immersione in questo progetto ha inevitabilmente fatto affiorare dei confronti tra il modo di concepire la “canzone” popolare di un tempo e la moderna concezione di canzone. Destinatari differenti, fruizione differente e strutture differenti. Tuttavia è possibile tracciare una certa sovrapposizione tra le 2 scritture, che evidenzia punti comuni soprattutto nella rilevanza del ruolo della melodia all’interno del modello musicale italiano.

Adoriza-22Che ruolo hai nello spettacolo?
All’interno dello spettacolo gioco un ruolo abbastanza eterogeneo dal momento che faccio parte di quasi tutte le situazioni corali, canto armonizzando la voce principale in un brano siciliano e interpreto da solista una canzone di Matteo Salvatore, un cantore della mia terra, un brano molto forte che trasuda prepotente tutta la povertà e la dignità della mia Puglia.

The Parallel Vision ⚭ ­_ Daniele Sidonio)

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