#Intervista: Sara Pollice, “La cultura è un bisogno dell’anima”
Il commissario Costanza Petrini sta conquistando giorno dopo giorno un pubblico sempre più esteso grazie alla penna raffinata di Sara Pollice, operatrice antiviolenza di Roma con la passione ardente per la letteratura.
“Il contagio del Male” (Iacobelli Editore) è il suo esordio letterario, di cui Costanza è la protagonista.
Sara è da tanti anni estremamente attiva sul territorio e pur non considerandosi una scrittrice (“non è un mestiere per me la scrittura, non ancora, almeno“) sta già pensando al secondo libro, di cui però ancora non svela nulla. Se non che sarà ancora il commissario Petrini la protagonista.
L’autrice romana oggi mi ha parlato del suo amore per la complessità, sia nel viverla che nel rappresentarla. E di quello che vorrebbe accadesse a Roma (ma in realtà in tutta Italia) a livello di cultura e di gestione degli spazi sociali e autogestiti.
Perché “i bisogni dell’anima di cui parlava Simone Weil sono almeno altrettanto importanti di quelli del corpo“.

Mi racconti da dove nasce la storia letteraria di Sara?
È una storia di famiglia. Mia madre quando ero piccola mi leggeva insieme a “Cappuccetto Rosso” le opere teatrali di Brecht: “L’anima buona del Sezuan“, “Il cerchio di gesso de Caucaso“, “Madre coraggio e i suoi figli“.
Lei era un’appassionata e lo diventai anch’io.
Forse chissà da lì nasce questo amore per la complessità, sia nel viverla che nel rappresentarla.
Parlami delle tue attività: cosa ti piace scrivere, soprattutto?
Non è un mestiere per me la scrittura, non ancora, almeno.
“Il contagio del Male“, il mio primo libro, è nato come atto d’amore, è uscito da me come un figlio che man mano si è formato, mentre lui stesso dava forma ai miei pensieri.
Secondo te cosa distingue la tua scrittura da quella di altri tuoi colleghi?
Non saprei. So che tipo di scrittura ha accompagnato la costruzione del libro e ormai lo costituisce: la preponderanza del dialogo.
Questa è una storia che doveva essere raccontata, non poteva essere descritta, la sua è stata una forza dirompente che non ha chiesto il permesso.
Ho potuto scegliere solo alcune cose, la maggior parte le ho viste una volta uscite fuori.
Parlami de “Il contagio del male”, il tuo ultimo libro. Chi è la protagonista?
Il commissario Costanza Petrini.
Costanza è una donna senza etichette. Il suo essere nel mondo è governato innanzitutto dalla spinta alla giustizia, non si cura quasi di quello che accade, conta solo l’equilibrio cosmico da ripristinare, l’increspatura da sanare.
Costanza si porta dietro il peso della lotta tra il bene e il male ma è anche una donna libera che sa prendersi cura dei suoi desideri ed è così imperfetta da non riuscire a non volerle bene.
Costanza e Sara: cosa le accomuna e in cosa sono completamente diverse?
Bella domanda questa! Il mio lavoro di operatrice antiviolenza mi avvicina a Costanza per il suo anelito di giustizia e forse anche la sua cocciutaggine ad andare avanti nonostante tutto.
Cosa ci divide: forse l’idea che lei stia tra le sue montagne lontano da Roma per un motivo e che invece io continuo a vivere qui anche quando vorrei fuggire.
Chissà però che col tempo non cambi anche questo!

C’è già un nuovo libro all’orizzonte? Se sì, sarebbe bello potessi darci qualche anticipazione!
Sì sto tentando di scrivere il secondo libro con protagonista Costanza ma non so quando riuscirò a scriverlo data la mole di lavoro che stiamo avendo (come sempre).
Da quanti anni fai questo lavoro? E da allora quanto è cambiata la tua scrittura?
Non è un lavoro per me.
Hai un pubblico-tipo?
Non ne ho idea.
C’è una cosa che una scrittrice non deve mai fare e un’altra invece che va sempre fatta?
Non lo so.
Prova a dare un consiglio al nuovo Governo su come gestire il mondo della cultura. E alla nuova Assessora Fruci qui a Roma
Al governo non saprei cosa dire soprattutto in un momento così difficile.
Ma sui territori, non solo a Roma, direi alle amministrazioni di non chiudere ma anzi di valorizzare gli spazi sociali e culturali autogestiti.
Come cittadina e come attivista so per certo che sono spazi vitali dove lo scambio, l’esperienza, la crescita sono possibili sviluppando valori sani di condivisione e partecipazione, oltre che di garanzia per la sussistenza dei molti e delle molte che non ce la stanno facendo dopo la perdita del lavoro dovuta al Covid.
Oltre agli spazi sociali penserei anche a riaprire, in sicurezza, quindi dove e come si può, gli spazi dove si fa cultura cioè cinema, teatri, musei, sale concerto perché altrimenti la nostra socialità si disperderà solamente (e pericolosamente) nei luoghi del consumo, affollandoli e perché nessuno può vivere a lungo senza l’arte, la musica, il teatro.
I bisogni dell’anima di cui parlava Simone Weil ne “La prima radice” sono almeno altrettanto importanti di quelli del corpo.
In generale alle amministrazioni direi di valorizzare, dove come e quando si può, quello che c’è senza pensare che si debba per forza azzerare tutto e gestirlo con l’ottica dell’emergenza.
Parlami delle iniziative che hai in mente per i prossimi mesi
Purtroppo con il Covid tutto è ridimensionato ma è interessante anche fare presentazioni online e interviste come questa.
Mi piace che “Il contagio del male” viaggi con un ritmo calmo, si confà alla sua natura complessa che non lo fa assomigliare a un prodotto di consumo.
Dimmi un progetto artistico di cui vai particolarmente fiera
L’anno scorso in pieno lockdown ho costituito un gruppo all’interno di un’associazione di cui ero già socia: Le Funambole.
Il gruppo si chiama invece “Funambole radioattive”.
Abbiamo iniziato a fare video partendo da noi, come ci insegna il femminismo, per dare voce a tutto quello che non veniva raccontato o perché non aveva a che fare direttamente con il Covid o perché andava al di là della dimensione emergenziale.
Il progetto continua, abbiamo pubblicato più di 90 video e da novembre si avvale di collaborazioni preziose e dell’ospitalità di Radio Bullets, una radio web che parla di esteri e molto altro, in modo dirompente.
“Frantumando il silenzio”, come dicono loro.
Mi descriveresti il lavoro di Sara Pollice con un’immagine e con 3 parole?
C’è sempre un noi.
(© The Parallel Vision ⚭ _ Paolo Gresta)