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“La febbre del sabato sera”, Tony Manero all’Olimpico fino al 19 febbraio

Non amo i musical. Va detto. Subito. Nel 90% dei casi mi addormento, anche se la musica è assordante e il pubblico è molesto. Ma io dormo. Quindi forse sono il meno adatto a raccontarvi “La febbre del sabato sera“, lo spettacolo diretto da Claudio Insegno che ha esordito martedì 7 al Teatro Olimpico e sarà in scena fino al 19 febbraio.

Il mio problema principale è la soglia di attenzione. Ovvero: se stai parlando di una cosa che a occhio e croce trovo interessante e un istante dopo cominci a cantare a squarciagola, a ballare e a fare coreografie con altre 20 persone, per me è tipo la bimba de “L’Esorcista” che all’improvviso gira il collo a 360 gradi. Resto inerme, ecco.

febbre-del-sabato-sera-musical-roma-11Vi dico questo perché, per fortuna, “La febbre del sabato sera” non ha avuto questo effetto su di me. Mi è sembrato, al contrario, uno spettacolo piacevole e leggero che può regalarvi una serata spensierata in grado di rimettervi a posto l’umore se la vostra giornata è stata storta.

Comunque non sono qui a raccontarvi cosa penso o non penso, bensì a parlarvi di cosa e da chi è fatto questo spettacolo. Parto dalle spunte verdi. Le musiche sono state eccezionali, suonate splendidamente dalla band diretta da Massimo Carrieri e rese alla perfezione dall’impianto dell’Olimpico. La platea sembrava essersi trasformata in una vera discoteca, anche attraverso l’ottimo uso delle video proiezioni alle spalle del palco a raccontare la New York del luglio 1977, il dove e il quando si svolge la storia di Tony Manero e dei suoi amici.

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(Foto: © Roberta Morgana Grandini)

Riuscito, a mio avviso, il taglio scanzonato che Insegno ha dato alla vicenda, attraverso la scelta di alcuni personaggi-macchietta strappa-applausi (dj Monty, eccezionale, interpretato da Gianluigi Sticotti; Flo e Frank Manero, genitori di Tony dal marcatissimo accento pugliese, resi alla perfezione da Alessandra Sarno e Gaetano Ingala). Grazie a loro, l’impianto comico ha tenuto dall’inizio alla fine dello show.

Fantastica, infine, Giovanna D’Angi (Candy): grinta dirompente, talento vocale cristallino, energia a fiumi, donna in più dello spettacolo, oscar come miglior attrice non protagonista. E non c’è davvero altro da aggiungere, su di lei. Se non che non potete perdervela.

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(Foto: © Roberta Morgana Grandini)

Poi i protagonisti del sabato sera newyorkese anni ’70, ovvero Tony Manero-Giuseppe Verzicco e i suoi amici: Luca Spadaro (Bobby C), Samuele Cavallo (Joey), David Negletto (Double J) e Francesco Lappano (Gus), affiancati da Anna Foria (Stephanie Mangano), Giada D’Auria (Annette), Alex Botta (Frank Jr), Monica Ruggeri (Linda Manero) e Arianna Galletti (Pauline).

Allora, capiamoci. Non parliamo di fenomeni né di incapaci. Anzi. Qui ci sono tutti attori, ballerini e cantanti molto molto bravi, che tengono il palco con carisma, personalità e passione. Lungi da me, quindi, cerchiare di rosso. Però io credo che i musical siano una vera e propria trappola, per chi come loro è attore, ballerino o cantante.

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(Foto: © Roberta Morgana Grandini)

Riflettevo mentre li guardavo che un grande talento concentrato in una sola attività emerge dirompente. Vedi la D’Angi, occupata praticamente solo a cantare, che infatti ha eccelso. Giuseppe Verzicco, Anna Foria e Giada D’Auria hanno preso il loro talento e l’hanno dovuto dosare e ripartire in parti uguali per allineare i loro livelli recitativi, performativi e canori. Per questo il musical è una trappola: rivede al ribasso le capacità innate invece di sublimarle.

Insomma, di talento i tre protagonisti della “Saturday Night Fever” romana ne hanno da vendere. Lo spettacolo dell’Olimpico, però, gliene ruba un bel po’. Il pubblico, in prevalenza molto anziano, ha apprezzato lo stesso. Io, diversamente vecchio, di meno.

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(Foto: © Roberta Morgana Grandini)

Resta comunque il fatto che “La febbre del sabato sera” è un musical che sa regalare una notte senza pensieri e tante canzoni da canticchiare e da ballare. Per un appassionato dei Bee Gees e della disco anni ’70 sarà un bel tuffo nel passato, chi ama il canto non resterà deluso dalle ugole dello show capitolino. Per un cultore della danza, invece, potrebbe essere una serata di forti mal di pancia.

The Parallel Vision ⚭ _ Redazione)

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