Cultura Musica

La musica italiana è viva e vegeta. “Per Chi Suona la Campana” lo dimostra

Per Chi Suona la Campana“, ovvero una delle risposte più convincenti alla cultura del talent e della scorciatoia a buon mercato. Ieri sera l’Auditorium – Parco della Musica di Roma ha ospitato la serata conclusiva (che vi ho presentato lunedì) della rassegna musicale targata Teatro Arciliuto in onore del celebre Folk Studio, fucina di artisti nella Roma degli anni ’60.

Sono cambiate tantissime cose, da allora. Ma il talento di saper scrivere una canzone e soprattutto l’amore che riesce a distinguere un gran pezzo da uno mediocre non si sono affievoliti. Ci sono ancora i ragazzi che le storie le sanno raccontare, ci sono ancora le persone che trattano l’arte come un dono da maneggiare con cura. I dieci musicisti di ieri sera appartengono a entrambe le “categorie”.

Simone Avincola, Eleonora Betti, Alice Clarini, Eneri, Niccolò Francisci (in sostituzione di Marco Greco), gli Akira Manera, Gabriella Martinelli, Ivan Talarico, Carlo Valente e Agnese Valle sono stati eccellenti interpreti di un’enorme mondo sotterraneo assolutamente vivo e assolutamente in salute, pieno di idee interessanti, denso di progetti che meriterebbero un’eco assai più vasta.

E non parlo degli spazi, quelli ci sono. Così come ci sono i festival, i concorsi, gli eventi come quello di ieri sera che aiutano i giovani a promuovere la loro musica e a raccogliere contatti. Il problema è la risonanza che eventi come “Per Chi Suona la Campana” può avere. Anche ieri sera eravamo in pochi, a seguire il concerto. Ed è stato un peccato. Per tanti motivi.

Intanto per dove eravamo. La Sala Sinopoli dell’Auditorium è enorme e ha un’acustica eccezionale, tant’è che di solito è riservata alla musica sinfonica e da camera. Poi per la qualità davvero alta che gli artisti hanno garantito, su tutti Ivan Talarico, Eneri e Gabriella Martinelli. Ma tutti i dieci musicisti sono stati davvero intensi ed emozionanti.

Infine per aver constatato il semi totale disinteresse da parte di produttori e discografici nei confronti di dieci proposte artistiche diversissime tra loro, eppure profondamente valide. Ne prendo atto.

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Ieri sera alcuni dei ragazzi che hanno suonato, hanno ringraziato me e altri miei colleghi per esserci stati. La cosa mi ha fatto un piacere enorme. Io credo molto nel sodalizio tra stampa e artisti: c’è un universo infinito, sotto i talent e gli eventi mainstream. La nostra forza dev’essere lo spirito di unione, insomma. L’aggregazione tra di noi, che può portare solo cose buone.

Quello che ho visto ieri mi dà ulteriore conferma di stare dalla parte giusta di chi osserva quello che evidentemente “non si vede” e cerca di raccontarvelo per mettervi al corrente che la musica italiana respira, cresce e vive lontana dai talent. Tutto sta a saperlo.

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